29 Mar, 2024 - 11:04

Caso Juan Jesus, Acerbi rompe il silenzio: "Sono stati giorni pesanti, non sono razzista"

Caso Juan Jesus, Acerbi rompe il silenzio: "Sono stati giorni pesanti, non sono razzista"

"Non sono razzista", lo ha detto chiaramente Francesco Acerbi a seguito di tutto il caso venutosi a creare attorno a lui e a Juan Jesus e che lo ha messo a dura prova in questi giorni di silenzio rotti da queste dichiarazioni.

Acerbi rompe il silenzio: "Non sono razzista"

È stato proprio Acerbi a rompere il silenzio e a chiarire definitivamente quanto accaduto in campo e fuori: "Non sono razzista", queste le parole del difensore della Nazionale che si è sfogato per i giorni pesanti vissuti.

Un'intervista lunga e intensa, quella a Il Corriere della Sera in cui il giocatore dell'Inter non si è mai tirato indietro e ha risposto a tutte le domande, anche quelle più scomode e dirette, con l'intenti di far uscire tutto e chiudere definitivamente una vicenda triste:

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"Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti".

Acerbi non ha mai temuto che la questione potesse andare oltre quel che è stato, visto che si sente innocente e perché ha sempre creduto fermamente nella giustizia nonostante non nasconda di essere dispiaciuto per Juan Jesus:

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"Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto".

Non sono mancati, però, momenti di sconforto vista anche la reazione della gente rispetto al gesto presunto che Acerbi avrebbe indirizzato a Juan Jesus, un accanimento che ha preoccupato il giocatore che ancora una volta prende le distanze dal concetto di razzismo:

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"Dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno. Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona".

Giorni pesanti per il difensore e la sua famiglia

Gli insulti violenti e le minacce rivoltegli da tutta Italia, o almeno gran parte, lo hanno ferito: Acerbi non nasconde la preoccupazione non tanto per sé quanto per la sua famiglia rispetto a quanto accaduto con Juan Jesus:

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"Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto. In campo si sente un po’ di tutto, anche se ci sono quaranta telecamere. Se l’arbitro dovesse scrivere con carta e penna tutto quello che sente, dovrebbe correre con lo zaino. Però finisce sempre lì, altrimenti diventa tutto condannabile, anche gli insulti ai serbi, agli italiani, alle madri".

Acerbi, poi, torna anche su quella che è la sua ferita più grande: il tumore che ha superato dopo un'intervento e le cure necessaria ad allontanare un male che avrebbe potuto stroncargli la carriera. Secondo il difensore nerazzurro, però, anche questo resta niente rispetto a quanto vissuto in questo periodo:

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"Non c’è paragone, quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l’etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo".

Timore più grande per lui, sicuramente la possibilità di non giocare mai più ma soprattutto quella di un uomo senza futuro. Con una sentenza del genere, infatti, anche il difensore ammette quanto sarebbe stato difficile riprendere a giocare e dover vedere la fine della sua carriera:

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"Se ti danno dieci giornate e passi per razzista cosa fai? Poteva succedere qualunque cosa: sarei stato finito non come calciatore, che mi interessa fino a un certo punto, ma come uomo. Tutti avevano già emesso la sentenza prima ancora che uscisse. E per tanti sono razzista anche adesso: sinceramente non ci sto, le gogne mediatiche non vanno bene e soprattutto non servono per risolvere un problema come quello del razzismo che sicuramente esiste. E che non intendo sminuire nemmeno un po’: voglio che sia chiaro".

Infine Acerbi ha un pensiero anche per la Nazionale e per gli Europei che si giocheranno in estate in Germania. Il difensore vuole esserci, anche se dopo quanto accaduto non si aspetta niente. Sarà necessario prima un confronto con Spalletti:

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"Io non mi aspetto niente. Ma per adesso preferisco non dire nulla sulla Nazionale, è giusto che prima ne discuta con Spalletti. Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più".
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Chiara Villani
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