La stagione del ciclismo è iniziata da poco, ma di argomenti da analizzare ce ne sono eccome, e Francesco Moser non si sottrae. Quando lo "Sceriffo" parla, non lo fa mai a caso: secco e deciso, così come quando spingeva in sella alla sua bicicletta. E lo fa anche quando si tratta di parlare di sicurezza. La caduta di Jonas Vingegaard, e altri, nella quarta tappa nel tour dei Paesi Baschi ha riaccesso l'allarme sulla sicurezza dei ciclisti, con Moser che non ha dubbi: "Mettere in sicurezza chilometri di strada è difficile, ma bisogna anche che le squadre non pretendano troppo dai ciclisti".
Non solo sicurezza, intervenuto a "Tutto Sport" su Radio Cusano Campus, Francesco Moser ha parlato anche della situazione relativa ai ciclisti italiani. E non ci gira intorno: "Non ci sono più talenti".
Il ciclismo porta con se impegno, sudore, sacrificio e cadute. Come quella avvenuta durante il tour dei Paesi Baschi, dove molti hanno riportato ferite, tra cui Vingegaard, Evenepoel e Roglic. Un fatto che ha riportato in auge la questione relativa alla sicurezza su strada, con Francesco Moser che ha detto la sua in merito.
D: Moser, diverse cadute nel tour dei Paesi Baschi.
R: Le cadute sono all’ordine del giorno perché si va sempre più forte. Sono tutti più preparati, tutti hanno la voglia di stare davanti, aumenta l’intensità. Una curva la fai a cinquanta all’ora, ma se aumenti a sessanta finisci fuori. E purtroppo c’è stata questa caduta importante, con conseguenze abbastanza brutte, come la frattura di Vingegaard.
D: Si potrebbe fare di più per la sicurezza dei ciclisti?
R: Il problema è che mettere in sicurezza un percorso da centocinquanta e passa chilometri è difficile. Il pericolo è sempre esistito, serve che ci sia più prudenza perché c’è un limite a tutto; bisogna che anche le squadre non pretendano troppo dai corridori. Adesso sono collegati tutti con le radio, e continuano a sollecitare gli atleti, il che porta a determinate conseguenze. Ai miei tempi si facevano le riunioni la mattina, dove si davano i compiti, adesso invece sono tutti sotto controllo ed è un’altra cosa.
Francesco Moser ha poi parlato di un'altra questione, ovvero alla mancanza di talento nel mondo del ciclismo italiano.
D: C’è qualcuno degli attuali ciclisti in cui rivede un po' delle sue caratteristiche?
R: Ci sono quei 5-6 corridori, a partire da Van Der Poel, Vingegaard, Pogacar, Evenepoel, Van Aert; sono questi che possono vincere tutte le corse, e hanno una marcia in più rispetto agli altri, è il bello del ciclismo. Noi invece siamo in difficoltà in questo momento, speriamo possano arrivare giovani che possano inserirsi tra i migliori. In Italia purtroppo non abbiamo neanche una squadra del World Tour, i corridori italiani devono andare all’estero per correre. Prima erano gli stranieri che venivano da noi, adesso si è ribaltata la cosa, e le conseguenze sono queste. Le squadre straniere danno più importanza ai propri corridori.
D: Van Der Poel ha vinto la Parigi-Roubaix e anche altro: com’è vincere queste grandi gare?
R: Sono le corse più importanti della stagione, un corridore che riesce a vincere una o due di queste classiche ha salvato la sua stagione. Tocca a pochi vincere, come ha fatto Van Der Poel.
D: Lei se ne intende di vittorie.
R: Si, e non è facile. Si decide tutto negli ultimi 20 km, ma per preparare una corsa così servono mesi di preparazione, e un po' di fortuna ovviamente. È chiaro che bisogna avere le gambe e la testa per stare su in cima.