Tutto pronto a Pontida per il l'annuale raduno della Lega, in programma domenica 6 ottobre 2024. Un appuntamento che si ripete come un rituale dal 1990, ma che quest'anno avrà un respiro più ampio ed europeo, ma non europeista.
Sì, perché quest’anno sul palco allestito sul pratone di Pontida sfileranno i principali leader della destra sovranista europea, tanto che qualcuno si ha ribattezzato l’appuntamento di domani come l’internazionale sovranista. Invitati e attesi sono: il leader ungherese Victor Orban, quello olandese Geert Wilders, ma anche il portoghese Andrè Ventura e il leader spagnolo di Vox Josè Antonio Fuster. La leader della destra francese Marine Le Pen – che aveva partecipato nel 2023 – invierà un messaggio.
l gotha dei Patrioti europei, partito di cui la Lega del segretario Matteo Salvini è parte integrante si ritroverà a Pontida accomunato da due cose: un forte spirito sovranista e una posizione comune sul tema dell'immigrazione e quindi della difesa dei confini nazionali.
Non a caso lo slogan scelto per il raduno di quest’anno– che compare anche sullo sfondo del palco – Difendere i confini non è un reato sarà anche un po' il fil rouge della giornata. Sullo sfondo la non secondaria questione Open Arms e il processo al vicepremier Matteo Salvini che rischia una condanna a 6 anni di carcere per aver impedito nel 2019, quando era Ministro degli Interni, l’ingresso in acque italiane della nave dell’ong spagnola con a bordo 147 migranti. La sentenza è attesa nei prossimi giorni.
?️ MENO UNO A #PONTIDA24!
— Lega - Salvini Premier (@LegaSalvini) October 5, 2024
?? Quest’anno aspettiamo anche TE per far sentire la voce del BUONSENSO, della SICUREZZA e del CORAGGIO, insieme a tanti amici dall’Italia e da tutta Europa per sostenere Matteo… https://t.co/BASszZBNZJhttps://t.co/GT3oUn9XOB pic.twitter.com/q7SIxb27gd
Di quello che di cosa sarà Pontida 2024 e di cosa rappresenterà per la Lega di oggi, ma, soprattutto in prospettiva futura per il partito che il segretario Matteo Salvini sta plasmando, non senza critiche e polemiche dall'ala più tradizionalista, Tag24.it ne ha parlato con la l'eurodeputata della Lega Susanna Ceccardi.
D: Domani si terrà a Pontida il tradizionale raduno della Lega. Lei ci sarà?
R: Certamente, ci sarò come ogni anno, con grande entusiasmo. Partecipare al raduno di Pontida è una tradizione che porto nel cuore sin dal mio ingresso in politica. Pontida non è solo una manifestazione ma un vero e proprio simbolo dell'identità leghista. È il luogo in cui il nostro spirito si rigenera, dove ci ritroviamo per ribadire i nostri valori e per incontrare i militanti che, con la loro passione, rappresentano la vera forza della Lega. Personalmente, la considero anche un'occasione unica per ascoltare le voci dei territori e per confrontarmi con chi condivide la nostra battaglia per un'Italia e un’Europa più sicure e più libere. Anche quest’anno saremo tantissimi, provenienti da ogni angolo d’Italia. Sarà anche un’occasione per riflettere su come il nostro lavoro in Europa, nelle istituzioni nazionali e locali, stia contribuendo a difendere gli interessi dei cittadini. Insomma, Pontida è sia un momento di unità e di orgoglio che una fucina di nuove idee e progetti.
D: Quest’anno è attesa la presenza di molti leader europei, da Orbán a Wilders, perché la loro partecipazione è importante?
La partecipazione di leader europei come Viktor Orbán e Geert Wilders al raduno di Pontida quest'anno è di grande rilevanza non solo per la Lega, ma per tutto il panorama politico europeo. Il fatto che personalità di spicco che rappresentano movimenti patriottici e conservatori nei rispettivi Paesi scelgano di unirsi a noi, è un segnale molto forte. Questa presenza dimostra che esiste una rete sempre più solida di forze politiche che lotta per cambiare radicalmente il futuro dell'Europa, condividendo valori fondamentali come la sovranità nazionale, la difesa delle tradizioni e dell’identità cristiana, il contrasto a un’Europa burocratica e lontana dai cittadini e dalle imprese, capace solo di fare danni come sta facendo con il Green Deal.
D: Una risposta al famoso ‘cordone sanitario’ contro i Patrioti in Europa?
R: Alla luce del cosiddetto "cordone sanitario" creato contro i Patrioti in Europa, la loro partecipazione diventa una risposta ancora più coraggiosa a chi, dichiarandosi democratico senza esserlo davvero, cerca di escluderci dal dibattito democratico. È una testimonianza che noi non ci pieghiamo a queste manovre di isolamento politico, anzi: rafforziamo le nostre alleanze per contrastare l'agenda globalista che molti in Europa vorrebbero imporre, a partire da Ursula Von Der Leyen, la cui riconferma a capo della Commissione è uno schiaffo ai cittadini europei che alle scorse elezioni avevano mandato un segnale chiaro a Bruxelles, chiedendo una svolta a destra. Il "cordone sanitario", infatti, è una strategia antidemocratica imposta dalle élite europee per marginalizzare chi, come noi, si oppone al centralismo di Bruxelles e difende il diritto degli Stati membri a decidere per sé stessi. Orbán e Wilders sono, insieme a noi, tra i principali oppositori di questo approccio, e la loro presenza a Pontida è la dimostrazione che queste forze politiche non sono affatto isolate, ma, al contrario, crescono e si rafforzano grazie a un consenso popolare che aumenta anno dopo anno.
D: Cosa pensa delle polemiche legate alla vittoria in Austria del FPÖ?
R: Le polemiche legate alla vittoria del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ) non mi sorprendono, perché riflettono un fenomeno che vediamo accadere in tutta Europa ogni volta che forze politiche sovraniste, patriottiche e identitarie riscuotono successo. È chiaro che l'establishment e i media mainstream tentano in ogni modo di demonizzare questi movimenti, etichettandoli come estremisti o populisti, nel tentativo di sminuirne l'importanza e di spaventare l’opinione pubblica. Ma la realtà è che questi partiti, come il FPÖ in Austria, rappresentano una risposta concreta e genuina alle preoccupazioni reali dei cittadini. Il FPÖ ha ottenuto la vittoria grazie a una piattaforma politica chiara che mette al centro questioni fondamentali come il controllo dei flussi migratori, la sicurezza e la protezione dell'identità nazionale. Questi sono temi su cui anche la Lega è da sempre impegnata, perché rispecchiano le priorità delle persone che vedono le loro comunità minacciate da un'immigrazione incontrollata e da politiche economiche e sociali che non tutelano chi lavora né chi dà lavoro.
D: Quindi secondo lei c'è un tentativo di delegittimazione?
R: Il successo del FPÖ, come quello di altri partiti simili in Europa, è la dimostrazione che le persone non accettano più l'imposizione di modelli globalisti o centralisti che ignorano le peculiarità e le esigenze delle Nazioni, il valore della sovranità e della difesa delle proprie radici. Le polemiche, quindi, sono frutto di una precisa strategia di delegittimazione da parte di chi teme un vero cambiamento in Europa. Ma queste false accuse non fanno altro che rafforzare la convinzione di chi ci sostiene e rendere ancora più chiaro che la strada intrapresa è quella giusta.
D: La vicenda Open Arms sarà un altro dei temi principali del raduno di Pontida 2024, lei ha più volte espresso solidarietà e sostegno al Ministro Matteo Salvini, che idea si è fatta del processo, secondo lei è un processo politico?
R: Assolutamente sì, il processo Open Arms è chiaramente un processo politico. Non ho dubbi su questo. È un tentativo di colpire Matteo Salvini non solo come persona, ma come simbolo di una politica che ha avuto il coraggio di dire ‘basta’ all'immigrazione incontrollata e ai traffici illegali di esseri umani. Salvini, quando era ministro dell'Interno, ha semplicemente applicato la legge, difendendo i confini del nostro Paese e garantendo la sicurezza nazionale. E ora, paradossalmente, si trova sotto processo per aver correttamente svolto il suo lavoro. La mia solidarietà nei confronti di Matteo Salvini non è solo personale, ma è il riflesso del sostegno di milioni di italiani, compresi molti che non votano a destra, i quali condividono la sua visione di una politica seria e responsabile sull'immigrazione. Il fatto che la questione sia finita in tribunale è la prova lampante che chi non riesce a contrastare le nostre idee politicamente cerca di farlo nelle aule giudiziarie. La vicenda Open Arms sarà al centro del raduno di Pontida, non perché riguarda Salvini ma perché riguarda direttamente la libertà e la sovranità del nostro Paese. Salvini non è solo, ha tutto il sostegno della Lega e di chiunque creda nella necessità di difendere i confini nazionali. Questo processo non indebolirà la nostra battaglia, anzi, la renderà ancora più forte, perché gli italiani sanno riconoscere quando c’è un accanimento ingiusto.
D: Si parlerà anche del tema della cittadinanza italiana. Qual è la sua posizione?
R: Se ne parlerà perché è una questione fondamentale per il futuro dell'Italia. La mia posizione, e quella della Lega, è molto chiara: la cittadinanza non è un diritto automatico ma un traguardo che deve essere meritato. Siamo fermamente contrari a tutte quelle proposte di ius soli o ius scholae che mirano a concedere la cittadinanza in modo troppo facile, solo per il fatto di essere nati sul territorio italiano o di aver frequentato la scuola per qualche anno. Concedere la cittadinanza in maniera automatica la riduce a un pezzo di carta, quando invece la cittadinanza rappresenta un senso di appartenenza, un impegno a vivere secondo i valori e le regole della nostra società. Oggi, purtroppo, si tende a presentarla come una sorta di strumento per l’integrazione, quando invece dovrebbe essere il punto di arrivo di un percorso di integrazione vero e proprio. Dobbiamo mantenere l’attuale sistema: concessione della cittadinanza attraverso un percorso lungo e scrupoloso, basato su una vera integrazione e sul rispetto dei valori italiani. La cittadinanza è un privilegio, non un automatismo.
Due italiani su tre non vogliono il dimezzamento dei tempi e hanno totalmente ragione: la cittadinanza non è un regalo elettorale ma un privilegio che va ottenuto con merito e integrazione vera. Ius soli e Ius scholae? No grazie! pic.twitter.com/LcHwRbyfxX
— Susanna Ceccardi (@SusannaCeccardi) October 1, 2024
D: Una delle posizioni che hanno contraddistinto l’attività della Lega in Europa e stata la critica alla politica del Green deal, ecco alla luce di questo come valuta la crisi che dell’automotive in Italia e nel resto dell’Europa?
R: La crisi dell' automotive in Italia e in Europa è una delle conseguenze più evidenti e gravi delle politiche ideologiche imposte dall'Unione Europea con il Green Deal. La transizione ecologica, per come è stata concepita a Bruxelles, sta avendo un impatto devastante su un settore fondamentale per l'economia italiana ed europea, con la perdita di migliaia di posti di lavoro e una riduzione significativa della competitività delle nostre aziende. Il problema non è l’idea di ridurre l’impatto ambientale dell'industria ma il modo in cui questa transizione viene forzata e accelerata senza tener conto delle realtà economiche, industriali e sociali dei vari Paesi. La nostra critica al Green Deal è sempre stata chiara: si tratta di una politica ideologizzata che non tiene conto delle specificità nazionali. L’industria automobilistica sta affrontando enormi costi di riconversione verso l'elettrico ma la domanda reale di veicoli elettrici è ancora molto limitata, anche a causa dei costi elevati e della mancanza di un'infrastruttura adeguata.
D: Cosa occorre fare per aiutare il settore?
R: Per aiutare il settore, quindi, in primo luogo bisogna rallentare questa transizione imposta dall’alto e smetterla di inseguire scadenze irrealistiche ed economicamente dannose. Bisogna dar tempo alle aziende di adattarsi e investire in nuove tecnologie senza finire soffocate dalle regole europee. La transizione deve essere graduale e tenere conto delle diverse soluzioni tecnologiche, incluse quelle legate ai carburanti alternativi e all'idrogeno, senza puntare solo sull’elettrico. A livello europeo, la Lega continuerà a battersi per una revisione delle politiche del Green Deal, perché non si può pensare di imporre le stesse regole a Paesi con economie e strutture produttive così diverse. Serve un approccio più flessibile e realistico.