Una costante sensazione di paura.
Alla vigilia del primo anniversario del massacro contro Israele del 7 ottobre 2023 a opera di Hamas, nel corso del quale 1194 cittadini israeliani furono uccisi e circa 250 fatti ostaggio, il senatore del Partito Democratico, Francesco Giacobbe, descrive così a Tag24.it lo stato d'animo di molti italiani residenti in quei territori. Una paura che accomuna tutti e che da un anno governa le vite di decine di migliaia di persone, da entrambi i lati della Striscia di Gaza.
A un anno da quel tragico giorno, la situazione in Palestina è inesorabilmente precipitata in un conflitto che oggi si è allargato al Libano e all'Iran e che rischia di estendersi ulteriormente, interessando tutta l'area mediorientale. A nulla sono valsi, fino a oggi, gli sforzi diplomatici per il cessate il fuoco. Dall'inizio della guerra la reazione di Israele ha lasciato sul campo più di 40mila vittime palestinesi, mentre sarebbero 60, invece, gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas.
E intanto il mondo intero è con il fiato sospeso in attesa degli sviluppi dell'ultimo braccio di ferro tra Tel Aviv e Teheran che rischia di portare a un'ulteriore escalation del conflitto.
Il senatore democratico eletto nella circoscrizione estera che comprende un ampissimo territorio, dall'Australia fino appunto al Medio Oriente, sottolinea la necessità di una maggiore pressione internazionale per imporre il cessate il fuoco.
D: Lei è in contatto con i nostri connazionali che vivono in Israele, qual è il loro stato d'animo?
R: C'è molta preoccupazione. Vivono nella paura, come i palestinesi. Anche se gli effetti della violenza in alcune località geografiche si percepiscono meno che in altre, però la paura è generalizzata. Io ho dei contatti in particolare con cittadini italiani che vivono in Israele e tra loro c'è una famiglia molto preoccupata perché due loro figli fanno parte dell'esercito israeliano e quindi sono in prima linea nella guerra, nelle azioni belliche.
D: Domani è il primo anniversario della Strage del 7 ottobre e il conflitto sembra ancora lontano dalla conclusione. Secondo lei, alla luce degli ultimi sviluppi, siamo davvero arrivati alla paralisi della diplomazia come in molti temono?
R: Penso e sono convinto che bisogna mettere fine alla violenza senza se e senza ma. Decine di migliaia di civili hanno perso la vita da quel fatidico 7 ottobre, prima a Gaza, poi in Libano e la situazione sta ulteriormente degenerando. Io essendo un pacifista per natura penso che il cessate il fuoco sia l'unica soluzione. Il problema è che tutte le organizzazioni multilaterali, a partire dalle Nazioni Unite, in questa fase sembra non abbiano nessuna voce in capitolo, d'altronde è una cosa che è accaduta anche con il conflitto in Ucraina.
D: Quindi?
R: Ci vuole un'azione molto forte, nel rispetto del multilateralismo, perché non si può risolvere questi problemi in maniera unilaterale. Se si risolve in maniera unilaterale stiamo certificando che la violenza può prevalere sulla ragione. Occorre una forte azione delle singole nazioni che compongono gli organismi multilaterali per imporre un cessate il fuoco ad ambedue le parti, non si può continuare così.
D: La soluzione è due popoli due Stati?
R: Sia gli israeliani che i palestinesi hanno diritto al loro Stato e a vivere tranquilli e in pace. Questo sarà possibile solo dietro pressione internazionale. Se lasciamo che questo conflitto si risolva con la forza, abbiamo stabilito un altro precedente che purtroppo non vedrà mai fine ai casi di violenza.
D: In queste settimane si moltiplicano gli appelli alla responsabilità da parte dei leader mondiali. Secondo lei è sufficiente o bisognerebbe intervenire in maniera più decisa?
R: Secondo me parlare di responsabilità è ovviamente positivo, ed è il massimo che nell'attuale situazione si può fare, però poi bisogna andare oltre. Bisogna andare oltre il senso di responsabilità e bisogna dire con forza e convinzione basta con la violenza, senza se e senza ma. Se il mondo degli organismi multilaterali non riesce a dire queste parole in maniera molto chiara, si continuerà sempre a discutere e mai a trovare una soluzione.