La restituzione dei prigionieri e la liberazione dei bambini rapiti in Ucraina. Questi erano gli obiettivi della visita a Mosca nella giornata di ieri 14 ottobre 2024 del cardinale Matteo Maria Zuppi che ha incontrato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. L'operazione diplomatica si svolge in un momento in cui le cancellerie europee sono prese dal conflitto in corso in Medio Oriente e la guerra in Ucraina sembra quasi passata in secondo piano.
In un contesto del genere entra in gioco la diplomazia vaticana che pur condannando l'aggressione russa del febbraio 2022 ha lasciato sempre la porta aperta al dialogo con il Cremlino. Il vaticanista Raffaele Luise ha spiegato a Tag24 cosa si sono detti il presidente della Conferenza episcopale italiana e il ministro degli Esteri russo nel corso dell'incontro di ieri e quali speranze ci sono per un possibile cessate il fuoco nell'Europa dell'Est.
La fine del conflitto nella parte orientale dell'Ucraina sembra ancora molto lontana ma si registrano piccoli ed incoraggianti passi in avanti. Il Vaticano non ha mai smesso di dialogare con entrambe le parti coinvolte nella guerra che da più di due anni infiamma l'Europa. Lo scorso 11 ottobre il presidente ucraino Zelensky si è recato a Roma per incontrare Papa Francesco ed ieri il cardinale Zuppi si è recato a Mosca per incontrare il ministro Lavrov.
L'attenzione del Vaticano resta alta sullo scambio dei prigionieri di ambedue le parti e sulla liberazione dei bambini rapiti nel corso delle operazioni militari russe. Quella di ieri non è la prima visita del presidente della Cei in Russia: Zuppi si è recato a Mosca nel giugno del 2023 dopo essere passato per Kiev. Il vaticanista Raffaele Luise ha spiegato a Tag24 cosa si sono detti il ministro degli Esteri russo e il presidente della Cei.
D: Che confronto è stato quello tra il cardinale Zuppi e Lavrov?
R: "E' stato un incontro molto positivo come è stato dichiarato nel comunicato finale di ieri del ministero degli Esteri russo. L'incontro - come spiega il comunicato - ha messo in luce lo sviluppo costruttivo del dialogo tra Russia e Vaticano: questo è il dato più importante del confronto di ieri incentrato sulla diplomazia umanitaria".
"Si tratta della stessa diplomazia che Zuppi ha messo in atto l'anno scorso quando il Papa lo ha inviato a Kiev, Mosca, Washington e Pechino chiedendo l'intervento delle grandi potenze per avviare un tavolo di negoziati per la pace. Il Vaticano sa bene che non è tempo di poter lavorare a negoziati di pace o per il cessate il fuoco e sa bene che la Russia per ora non li vuole e che Zelensky a certe condizioni potrebbe essere disponibile".
"Mosca continua nella sua strategia di fare stancare a livello militare, politico ed economico la più piccola Ucraina".
D: Su cosa si è incentrato il dialogo?
R: "Il dialogo si è incentrato sull'aspetto umanitario e cioè sullo scambio di prigionieri che è già avvenuto anche grazie al Vaticano ivi compresi nella prossima tornata i giornalisti ucraini e i bambini rapiti. Quando Zelensky lo scorso 11 ottobre è stato dal Papa ha ringraziato per i 388 bambini e i due sacerdoti greco-cattolici riportati in Ucraina".
"La diplomazia umanitaria viene concepita dal Papa, che ha sempre condannato l'aggressione in Ucraina pur lasciando aperto il dialogo con Mosca, come una preparazione per creare una condizione per il cessate il fuoco"
D: La cooperazione umanitaria, partendo dalla restituzione degli ostaggi e dei bambini, punta a creare dunque le condizioni per il cessate il fuoco?
R: "Esattamente. Il Vaticano rimane il solo soggetto capace di tenere viva potenzialmente un dialogo tra Kiev e Mosca proprio perché non ha interrotto i rapporti con quest'ultima. I dialoghi umanitari sono 'costruttivi' - per riprendere le parole del comunicato di Lavrov - e sulle basi di queste possibilità di farsi mediatore tra Russia ed Ucraina il Vaticano è l'unico soggetto che può aiutare. Questo è geopoliticamente prezioso".
D: L'Ucraina è molto vasta e spesso non abbiamo modo di sentire tutte le voci delle locali comunità cristiane. Sappiamo l'opinione del patriarca Kiril...ma tutti gli altri? Cosa pensano della guerra e come lavorano per il cessate il fuoco?
R: "Nonostante la brutalità del patriarca ortodosso russo Kiril che ha sposato la causa dell'aggressione colorandola di spirito religioso, lo scorso anno il cardinale Zuppi lo ha incontrato. Il confronto a Mosca tra il presidente della Cei e Kiril è stato molto positivo: il Papa ha frenato sulle critiche alla chiesa ortodossa russa. Quando il Santo Padre lo scorso venerdì ha incontrato Zelensky ha ripetuto quello che ha già detto in un Angelus della scorsa estate ovvero che la legge varata dal presidente nel Parlamento ucraino di dichiarare la Chiesa ortodossa di fedeltà russa illegittima è un'azione negativa".
"Il Vaticano mantiene i rapporti con la Chiesa ortodossa russa che non è legata in maniera monolitica a Kiril. La Chiesa ortodossa russa è presente anche in Ucraina assieme a quella greco-cattolica che fa parte della Chiesa romana. Il mosaico religioso è vario: ci sono anche importanti gruppi mussulmani ed ebraici nel Paese. Il rapporto tra le Chiese è molto positivo, tutti cooperano per la difesa dell'Ucraina e l'intangibilità del suo territorio: è un livello di reazione all'aggressione che vede un dialogo tra le componenti religiose che prima della guerra non andavano d'accordo".
"La Chiesa ortodossa di fedeltà russa dal canto suo ha preso le distanze da quella russa mentre nelle aree più a est la pratica è diversa ed i contatti rimangono vivi".
D: Cosa può imparare l'Europa dalla diplomazia vaticana dopo quasi tre anni di guerra?
R: "La capacità di condannare l'aggressione e lasciare aperto uno spiraglio per poter favorire un dialogo tra le due parti in conflitto. La dichiarazione sullo 'sviluppo costruttivo' riprende le stesse parole delle autorità ucraine del luglio scorso a seguito della visita che fece a Kiev il segretario di Stato della Santa Sede Parolin".
"Rapporti costruttivi con Mosca e Kiev costituiscono la possibilità di dialogo che le grandi potenze come Usa, Cina e l'Europa non stanno praticando. Il loro coinvolgimento è fondamentale per una trattativa di pace, senza di loro non ci sarà un cessate il fuoco"