"Il tempo che ci vuole" di Cristina Comencini è un film capace di commuovere chiunque, o quasi. Siamo tutti figli e tutti abbiamo perso qualche partita nella vita, tranne gli iper-protetti che non conoscono il gusto e la forza della sconfitta. Se è successo in piena adolescenza, com'è naturale che sia, o durante gli anni della maturità non importa: ciò che conta è tenere a mente che il fallimento è fatale per il successo. Provare e perdere vuol dire comunque vincere il coraggio, non avere rimorsi, ma è il modo in cui perdiamo a definire chi siamo, chi sono le persone intorno e come saremo da grandi.
"Crescere è difficile, è uno dei corollari principali del film - ha affermato la regista, successivamente alla proiezione al The Space Cinema Moderno, nel momento del dialogo coi ragazzi delle Scuole Superiori del Lazio - diffidate dall’omologazione, bisogna partire da sé: provate, sbagliate e riprovate. Tutte le vite di persone di successo che apprezzate sono incappate nel fallimento. Il fallimento è la quintessenza della riuscita. La vera partita di oggi si gioca nel superare il fallimento."
Il ruolo del padre, nel film e nella realtà (in riferimento a Luigi Comencini) è supportivo, nonostante le debolezze personali. Emergono, forti, le debolezze e le crisi personali, dell'Uomo oltre che del padre. Capace di mantenere un certa autorevolezza senza mai diventare autoritario, il padre non è mai patriarca. Dall'infanzia, all'adolescenza alla maturità, "Il tempo che ci vuole" è un modo per rivedere se stessi nel seguire il film è naturale. Gli anni della scuola, i problemi coi compagni e l'ingresso nel mondo del lavoro, ognuno li ha attraversati come ha potuto. Come anche, le difficoltà dei genitori.
In questo caso il protagonista vive una forte solitudine legata all'emigrazione in Francia. "Quello che non sopportiamo di nostro padre ci unisce e ci salva - ha spiegato Francesca Comencini - mio padre ha sempre rifiutato l'autobiografismo, non gli piacerebbe la concezione diversa data al cinema, ma sarebbe contento del ricordo del suo gigantesco lavoro. A sei anni è andato a vivere in Francia coi nonni che si sono improvvisati agricoltori. Negli anni '30 i bambini emigrati, in Francia, era trattati malissimo. Ci vorrebbe memoria. Se fosse tra noi sarebbe uno youtuber, ma sarebbe grato alla Francia: è lì che ha conosciuto il cinema."
Ph durante la presentazione al The Space Cinema Moderno di Annalisa Colavito
E' un film da vedere e rivedere, è un invito - rivolto sia ai giovani che ai genitori - ad andare avanti nonostante tutto. La forza della protagonista nell'esprimere se stessa è frutto della presenza costruttiva e funzionale del padre, che ha saputo affiancarla offrendole la possibilità di crescere forte e sicura di sé. Tant'è che seguirà le orme del padre, parleranno più volte della bellezza e dell'importanza del cinema. La stessa regista, durante il dibattito coi ragazzi, ha detto: "Spero ci sempre più donne possano esprimersi e crescere, non solo nel cinema. Anche stamattina vorrei sentire cosa ne pensano le ragazze."
L'incontro si è tenuto nell'ambito dei Progetti Scuola ABC sono promossi dalla Regione Lazio con Roma Capitale e sono tra le azioni strategiche della nuova programmazione FSE+ 2021-2027 della Regione Lazio. L’iniziativa è curata dal Progetto ABC Arte Bellezza Cultura e realizzata da Zètema Progetto Cultura, in partenariato con Giornate degli Autori, Cinecittà e la Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura.