07 Apr, 2025 - 17:23

I mercati crollano ma Trump non molla i dazi: è una pillola amara da mandare giù

I mercati crollano ma Trump non molla i dazi: è una pillola amara da mandare giù

L’annuncio dei nuovi dazi di Donald Trump ha scosso i mercati globali e riacceso il timore di una guerra commerciale. Con tariffe universali e misure mirate contro i paesi considerati “sleali”, il presidente americano punta a rilanciare l’economia nazionale, ma le reazioni internazionali non si sono fatte attendere.

Crollo dei mercati globali dopo l’annuncio dei dazi di Trump

I mercati sono crollati a seguito dell'annuncio dei dazi da parte del presidente americano, Donald Trump, lo scorso 2 aprile. Il tycoon ha dichiarato l’introduzione di dazi universali del 10 per cento per tutti i paesi a partire dal 5 aprile, oltre a dazi “reciproci” per quelle nazioni che, secondo l’amministrazione americana, sono più “abusive” nei confronti degli Stati Uniti.

Il vasto regime tariffario ha continuato ad avere effetti negativi sui mercati, in particolare da lunedì 7 aprile. I timori si concentrano sull’ipotesi che Trump abbia innescato una guerra commerciale che potrebbe spingere al rialzo i prezzi dei beni importati e, successivamente, portare a una fase di recessione.

Prima ancora dell’entrata in vigore della prima parte dei dazi annunciati, i mercati hanno registrato le peggiori giornate per le azioni statunitensi dai tempi della pandemia del 2020. Il 7 aprile, i principali mercati azionari mondiali sono crollati all'apertura risentendo delle pesanti perdite già accumulate da quelli asiatici ed europei.

È un colpo significativo, ad esempio, per i centri manifatturieri asiatici che da tempo considerano gli Stati Uniti un mercato fondamentale. Le loro esportazioni verso il territorio americano coprono settori chiave, che vanno dall'industria dell'abbigliamento a quella automobilistica.

Inoltre, il petrolio apre in forte calo a New York.

Trump rilancia il protezionismo

Donald Trump difende con forza le sue posizioni in materia di imposte commerciali. Le misure sono rivolte a tutti i paesi, senza distinzione tra partner e avversari. Durante la sua campagna elettorale, il tycoon ha promesso agli americani di risollevare la questione economia e sembra deciso a mantenere questo impegno. 

Le sue posizioni protezionistiche sono volte a salvaguardare esclusivamente gli interessi degli Stati Uniti. Secondo Trump, nonostante un “piccolo prezzo da pagare”, queste misure riporteranno la produzione all’interno del Paese, faranno aumentare i salari e contribuiranno a “rendere grande di nuovo l’economia americana”.

"Non voglio che accada nulla, ma a volte bisogna prendere delle medicine per sistemare le cose", ha dichiarato il presidente in difesa dei dazi:

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Siamo stati trattati così male dagli altri paesi perché abbiamo avuto una leadership stupida che ha permesso che ciò accadesse. Ci hanno portato via le attività, i soldi, il lavoro, li hanno trasferiti in Messico, in Canada, e molto in Cina.

Ma questa “medicina” riuscirà davvero curare l’economia americana? La mossa di Trump mira a porre fine a un certo modello di globalizzazione e a creare una condizione di parità tra gli stati che impongono dazi sulle esportazioni statunitensi. Il presidente definisce la sua politica commerciale una vera e propria “dichiarazione di indipendenza economica”.

Secondo Trump, l’America “diventerà un Paese come nessun altro”.

Tuttavia, molti analisti mettono in guardia: i dazi imposti su larga scala potrebbero avere l’effetto opposto rispetto a quanto rivendicato dal presidente contribuendo ad indebolire ulteriormente l’economia statunitense anziché rafforzarla.

Dazi Usa: Pechino risponde, Israele apre i negoziati

I dazi più elevati presenti nell'elenco dei paesi soggetti a imposte reciproche, molti dei quali rivolti alle nazioni asiatiche, entreranno in vigore il 9 aprile. La Cina ha già reagito imponendo a sua volta tariffe del 34 per cento su tutte le importazioni provenienti dagli Stati Uniti.

Nonostante l’annuncio dei dazi, il presidente Trump non ha chiuso le porte ai negoziati. Washington intende mantenere il controllo sui propri interessi strategici, lasciando comunque aperta la possibilità di un dialogo. Nello scenario migliore, altri paesi potrebbero accettare di sedersi al tavolo delle trattative, ridurre le proprie tariffe e aprire i mercati nazionali ai beni statunitensi.

Tuttavia, a livello globale, i paesi restano divisi sulle strategie da intraprendere. Alcuni valutano compromessi, altri minacciano ritorsioni.

Nel frattempo, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è a Washington per un secondo incontro con Trump da quando quest’ultimo è entrato in carica. Sarà il primo leader straniero a negoziare ufficialmente le nuove tariffe statunitensi.

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Nazlican Cebeci
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