Soffocata all'interno del parco dell'ex ospedale psichiatrico, dopo essere stata aggredita con "percosse, urti e graffi". Così è morta Liliana Resinovich. Autore del terribile delitto? Il marito Sebastiano Visintin, secondo la Procura.
La pm Ilaria Iozzi, che indaga sull'omicidio della 63enne, scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata senza vita il 5 gennaio 2022, lo ha messo nero su bianco nella richiesta di incidente probatorio a carico di Claudio Sterpin, l'amico 'speciale' di Liliana.
Il mistero sulla morte della donna potrebbe essere quindi giunto a una svolta.
L'intervista a Visintin di Ore14 - 23/04/2025
Sui documenti della Procura, secondo quanto anticipato dal quotidiano Il Piccolo di Trieste, Sebastiano Visintin ha aggredito sua moglie Liliana Resinovich all’interno del parco dell’ex Opp, nei pressi di via Weiss, all'altezza del civico 21, con
Provocandone quindi la morte mediante soffocazione esterna diretta (asfissia meccanica esterna)
I dettagli sull'omicidio sono emersi nella richiesta di incidente probatorio, per l'assunzione della testimonianza di Claudio Sterpin, che la pm Ilaria Iozzi ha avanzato alla gip Flavia Mangiante il 21 maggio.
Dalle sue parole potrebbero infatti emergere ulteriori dettagli utili a rafforzare l'impianto accusatorio. Secondo quanto dichiarato dall'uomo, con lui Lily stava programmando un nuovo futuro.
Il marito Sebastiano Visintin era stato iscritto nel registro degli indagati lo scorso aprile.
Stando a quanto riferito dal quotidiano di Trieste, la Procura avrebbe ben chiaro il quadro di quanto avvenuto il 14 dicembre 2021, giorno della scomparsa di Lily. Evidentemente deve essere in possesso di elementi non ancora emersi.
Secondo l'accusa, Visintin avrebbe intercettato la moglie subito dopo piazzale Gioberti a Trieste, dopo che la stessa era stata ripresa dalla telecamera di un autobus, per l'ultima volta in vita.
Questa ricostruzione, però, si scontrerebbe con quella fatta dagli inquirenti sugli spostamenti di Sebastiano Visintin. I suoi difensori, Paolo e Alice Bevilacqua, raggiunti telefonicamente dal giornale hanno però mantenuto il più stretto riserbo.
Il cadavere di Liliana Resinovich era stato ritrovato tra le sterpaglie nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico "San Giovanni" di Trieste, avvolto in due grandi sacchi neri della spazzatura.
Un caso complesso, che sarebbe stato archiviato come suicidio se i familiari non si fossero opposti e il gip Luigi Dainotti non decidesse per nuove, approfondite indagini.
La svolta è arrivata con la super perizia del pool di esperti guidati dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, che ha confermato come Liliana morì per "soffocazione esterna diretta".
L'ennesimo colpo di scena qualche settimana fa, quando il marito - che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti- è stato iscritto nel registro degli indagati. Sergio Resinovich, fratello della vittima, ha sempre richiesto verifiche sul cognato, sostenendo che avesse un movente economico.
L'udienza dell'incidente probatorio potrebbe fornire nuovi elementi fondamentali per la risoluzione del giallo.