È arrivato direttamente al quarto posto tra le serie tv più viste in Italia "Amy Bradley is Missing", il true crime firmato Netflix su uno dei casi più enigmatici degli Stati Uniti.
Siamo nel 1998. La giovane Amy è in vacanza con la famiglia su una nave da crociera, la Royal Caribbean Rhapsody of the Seas. Sembra tutto perfetto, finché non succede l'impensabile: la 23enne scompare nel nulla. Nessuna traccia. Nessuna testimonianza affidabile. Solo un silenzio assordante lungo più di trent'anni.
Netflix ha riacceso i riflettori su questa storia con una docuserie che sta dividendo il pubblico e accendendo nuove speranze. Questo il trailer:
Ecco tutto ciò che sappiamo su "Amy Bradley is Missing": quanti episodi sono, quanto durano e... le teorie dei filmmakers Ari Mark e Phil Lott!
La docuserie "Amy Bradley is Missing" è composta da tre episodi, ognuno della durata di circa 40-50 minuti. Un formato compatto ma denso, pensato per tenere incollato lo spettatore dall'inizio alla fine. Ogni puntata scava più a fondo nel mistero, rivelando indizi, testimonianze e piste spesso contraddittorie.
Il ritmo narrativo è serrato, con un uso calibrato di materiali d'archivio, telefonate inquietanti, interviste alla famiglia Bradley e a testimoni chiave. L'alternanza tra cronaca, ricostruzioni e intuizioni investigative crea un clima quasi claustrofobico, come se si fosse intrappolati anche noi, insieme ad Amy, in una zona d'ombra tra realtà e ipotesi.
Ari Mark e Phil Lott, i registi della docuserie, hanno seguito il caso per anni. Intervistando agenti FBI, esperti di traffico umano, membri dell'equipaggio della nave e familiari, si sono avvicinati pericolosamente a una verità che continua a sfuggire.
Secondo quanto emerso, le ipotesi principali restano tre:
A rendere questa terza pista così forte è una serie di indizi agghiaccianti: avvistamenti di Amy a Curaçao e Aruba negli anni successivi alla scomparsa, testimonianze credibili di persone che giurano di averla vista in contesti di prostituzione forzata, e soprattutto una foto.
Uno degli elementi più scioccanti mostrati nella docuserie è uno scatto circolato su un sito per adulti. Ritrae una donna straordinariamente somigliante ad Amy, in posa tale da nascondere tutti i suoi segni distintivi: tatuaggi, piercing, voglie.
Non solo: la foto è stata presa così sul serio che l'FBI ha avviato un'indagine tecnica sull'immagine, analizzando persino la provenienza del letto della stanza ritratta. Hanno inviato un agente sotto copertura nei Caraibi e monitorato gli accessi al sito della famiglia Bradley.
Ed è qui che la tensione si taglia con un coltello: il sito riceve picchi di traffico, da una specifica area geografica, proprio in coincidenza con compleanni e festività familiari.
Nel corso della lavorazione, i registi sono passati dallo scetticismo alla convinzione. In un'intervista al The Hollywood Reporter, Ari Mark ha dichiarato: "Mi sono trovato a guardare Phil e a dire: dobbiamo prendere un aereo e cercarla. Tutti ci dicevano: "La troverete"".
Lott ha aggiunto: "Le prime cinque domande portano sempre ad altre più grandi. Non è un caso semplice. Non è una storia da liquidare con "sarà caduta". Più indaghi, più il mistero si infittisce". Brad, il fratello di Amy, resta aggrappato alla speranza. I registi lo hanno raccontato con grande rispetto, mettendo in luce il dolore costante della famiglia e il senso di colpa che aleggia nell'aria.
Amy non avrebbe mai abbandonato la sua famiglia. Qualcuno l'ha presa.
E qualcuno sa.
Un'altra figura chiave della docuserie è Alistair Douglas, noto anche come "Yellow". Era uno dei musicisti della band bordo, i Blue Orchid. Si sa che ha passato molto tempo con Amy la sera prima della scomparsa. E sua figlia, intervistata nella serie, ha confessato di avere da sempre dei dubbi sul padre.
Infatti, il clue della tensione è arrivato quanto la ragazza ha chiamato il padre, con i registi in ascolto. Lui visibilmente agitato. Sapeva che la telefonata sarebbe potuta essere registrata. Sapeva che tutto sarebbe potuto crollare. Ovviamente la docuserie non lo accusa apertamente. Si limita a presentare i fatti. E lo spettatore, inevitabilmente, comincia a farsi domande.
"Amy Bradley is Missing" non promette una risposta definitiva. Ma al termine dei tre episodi, lascia qualcosa di potente: il dubbio. La sensazione che, forse, qualcuno sa esattamente cosa è successo quella notte sul ponte della Rhapsody of the Seas.
E se anche non fosse possibile trovare Amy, forse è ancora possibile fare luce. Anche solo un raggio, anche solo un nome. Basta che sia vero.