Quando la Rai ha mandato in onda "Io sono Mia" per la prima volta, il pubblico italiano si è ritrovato catapultato in un viaggio emozionante nella vita dell'incredibile Mia Martini, la cantante capace di lasciare un segno indelebile nella musica e nel cuore di chi l’ha ascoltata.
Il film, interpretato da una magistrale Serena Rossi, ha riportato alla luce non solo le sue canzoni, ma anche le ingiustizie e i pregiudizi che l’hanno perseguitata. E se ti stai chiedendo come finisce il film e dove è stato girato, qui trovi tutti i dettagli, la trama e anche la spiegazione di quel finale che ha fatto venire i brividi a più di uno spettatore.
Per ricostruire la vita di Mia Martini, la produzione ha scelto location suggestive e molto diverse tra loro.
Molte scene sono state girate a Sanremo, utilizzando scorci della città e dell’Ariston per ricreare l’atmosfera del Festival. Le riprese esterne hanno immortalato il lungomare e alcuni vicoli tipici della Riviera ligure, aggiungendo autenticità alla ricostruzione.
Altre sequenze sono state girate a Roma, dove è stato ricreato l’ambiente discografico dell’epoca e le interviste televisive, e in Calabria, terra d’origine della famiglia Bertè, per evocare le radici e i legami familiari della cantante.
Particolarmente curati sono stati gli interni: set ricostruiti in studio per rappresentare case, camerini e studi di registrazione, tutti arredati con oggetti e dettagli d’epoca, fino alle locandine e ai vinili originali.
Il film ha raccontato la storia di Mia "Mimì" Martini alternando due linee temporali: quella del 1989, quando l’artista si preparava al suo grande ritorno al Festival di Sanremo, e quella dei decenni precedenti, che mostrava l’ascesa, la fama, ma anche la diffamazione.
Abbiamo visto una giovane Mimì decisa a vivere di musica, sostenuta dalla sorella Loredana Bertè e pronta a sfidare il mondo a colpi di note. Negli anni '70 e '80, però, la sua carriera ha subito un colpo durissimo: una superstizione assurda e priva di fondamento - quella dell’essere "portasfortuna" - ha iniziato a circolare nell’ambiente musicale, compromettendo contratti e rapporti professionali.
Il film non ha risparmiato nemmeno la sua vita privata, raccontando amori intensi ma tormentati, le delusioni, e la lotta contro un sistema che sembrava deciso a ignorare il suo talento. Il tutto incorniciato da momenti iconici della sua carriera: "Piccolo uomo", "Donna sola", e naturalmente l’indimenticabile "Almeno tu nell’universo".
Il film si è chiuso in un crescendo di emozioni, con una sequenza che ha intrecciato passato e presente in un’unica, intensa ondata. Dopo aver raccontato senza filtri la sua carriera e le ferite lasciate dalle malelingue, Mia Martini è tornata sul palco del Festival di Sanremo 1989, quello del suo vero ritorno con "Almeno tu nell’universo". Non era solo una performance: era il suo riscatto.
Serena Rossi, nei panni di Mimì, ha riprodotto fedelmente quell’interpretazione storica: la postura leggermente inclinata verso il microfono, lo sguardo fermo ma velato di malinconia, e soprattutto quella voce graffiata e dolcissima che sembrava fendere l’aria come un coltello. La regia ha alternato inquadrature strette sul viso della protagonista a flashback della sua vita: i successi, gli amori, le delusioni, la solitudine e la rabbia trattenuta.
Poi, proprio mentre la canzone raggiungeva l’apice, il montaggio ha mostrato il volto commosso del pubblico, come se finalmente si fosse reso conto della grandezza dell’artista che avevano giudicato male. È in quel momento che il senso del film si è rivelato: non era la storia di una cantante "portasfortuna", ma di una donna che aveva saputo resistere a tutto, usando la musica come scudo e spada.
Il finale si è chiuso con un applauso prolungato e l’inquadratura ferma su Mimì, che sorride appena: non è un sorriso trionfale, ma quello di chi ha capito di aver riconquistato il proprio posto, anche solo per un attimo. E qui c’è la forza emotiva della scena: il film non mostra un "lieto fine" da favola, perché nella realtà Mia Martini avrebbe continuato a combattere contro i pregiudizi. Ma quel momento, cristallizzato per sempre, è stato la sua vittoria più luminosa.
La scelta di chiudere così non è casuale: il regista Riccardo Donna ha voluto rispettare la cronologia reale, ma anche dare al pubblico una sensazione di catarsi. La scena finale non racconta solo un evento, ma diventa una metafora: anche chi è stato messo a tacere può trovare di nuovo la propria voce.
Serena Rossi ha raccontato di essersi preparata per mesi al ruolo, studiando le interviste e le esibizioni originali di Mia Martini. La stessa attrice ha detto di essersi emozionata fino alle lacrime durante le riprese del finale, perché "sembrava di sentire davvero Mimì sul palco".
Il film ha ricevuto grandi apprezzamenti per la fedeltà nella ricostruzione storica e per la capacità di mostrare il lato più umano e vulnerabile dell’artista. Molti fan, dopo la messa in onda, hanno raccontato di aver rivisto il video originale di Sanremo 1989 e di aver notato quanto la scena fosse simile alla realtà.