Autosufficienza, l'esordio alla regia di Jake Johnson, disponibile su Netflix, ha lasciato gli spettatori con un interrogativo fondamentale: il gioco mortale al centro della trama è reale o è solo frutto della mente del suo protagonista?
Il film, scritto, diretto e interpretato dallo stesso Johnson, gioca deliberatamente con questa ambiguità, e crea un'esperienza che stimola discussioni e teorie. Scopriamo il finale e la sua spiegazione.
La trama racconta la storia di Tommy (Johnson), un uomo di mezza età la cui vita monotona e solitaria viene sconvolta da un'offerta surreale fattagli dal comico Andy Samberg: partecipare a un reality show del dark web.
Le regole sono semplici e terrificanti: per 30 giorni, degli assassini, chiamati i cacciatori, cercheranno di ucciderlo, ma potranno farlo solo se è da solo e non se si trova a stretto contatto con qualc'unaltro.
Se sopravviverà, vincerà un milione di dollari. Tommy accetta.
Questa clausola diventa il motore della narrazione. L'uomo, disperato, cerca in ogni modo di avere sempre qualcuno al suo fianco. La sua famiglia, composta dalla madre e dalle due sorelle (Mary Holland ed Emily Hampshire), è scettica e crede si tratti dell'ennesima sua fantasia per combattere la solitudine.
Il suo passato, infatti, è costellato di storie inventate per affrontare momenti difficili. Lo spettatore è così portato a dubitare di Tommy, un narratore tutt'altro che affidabile.
Il viaggio di Tommy lo porta a reclutare un senzatetto, James (Biff Wiff), e a incontrare Maddy (Anna Kendrick), una donna che risponde a un suo annuncio online e che sostiene di partecipare allo stesso gioco.
La loro alleanza sembra funzionare, ma il dubbio che sia tutto nella sua testa, alimentato da rivelazioni contrastanti e personaggi enigmatici che appaiono e scompaiono, non può far a meno che insinuarsi nella mente dello spettatore.
Guarda il trailer ufficiale:
Il finale di Autosufficienza sembra inizialmente propendere per una conclusione netta. Dopo aver superato i 30 giorni, Tommy viene dichiarato vincitore.
Tuttavia, la sua famiglia continua a non credergli, anche di fronte al racconto della vittoria.
Il colpo di scena arriva quando Wayne Brady, una delle celebrità menzionate nel contesto del gioco, appare nel salotto di casa e, a differenza degli "assassini", è visibile a tutti i presenti. Questo dettaglio sembra confermare la veridicità dell'intera esperienza vissuta.
In un'intervista, Jake Johnson ha chiarito la sua intenzione. "Dal modo in cui abbiamo concluso il film, sembra molto probabile che fosse reale", ha dichiarato. L'obiettivo iniziale era quello di lasciare entrambe le interpretazioni, quella reale e quella psicologica, valide al 100%.
Tuttavia, dopo le reazioni del pubblico ai primi montaggi, si è deciso di inserire il cameo di Wayne Brady per offrire una risoluzione più chiara e soddisfacente e non lasciare l'amaro in bocca agli spettatori.
Nonostante questa apparente certezza, Johnson apprezza che alcuni spettatori continuino a mettere in discussione la realtà degli eventi. "Se vuoi credere che una cosa non sia reale, ci sono abbastanza elementi per sostenerlo", ha ammesso, citando teorie di fan secondo cui persino il personaggio di Anna Kendrick potrebbe non essere esistito.
Indipendentemente dal fatto che il gioco fosse reale o meno, il vero fulcro del film risiede nel percorso di Tommy. All'inizio, è un uomo paralizzato dalla paura e dall'inerzia, incapace persino di bussare alla porta della sua ex.
Alla fine, lo vediamo bussare con ritrovata sicurezza alla porta di Maddy. Il titolo, Autosufficienza, diventa così un titolo squisitamente ironico: è stato proprio il bisogno disperato degli altri a salvarlo e a permettergli di ritrovare se stesso. L'ambiguità del gioco è stata solo il catalizzatore per un cambiamento molto reale e umano.