Una commedia italiana surreale, esilarante, che rimane in testa e che viene ancora trasmessa in tv.
Il film Il piccolo diavolo è uscito nel 1988, è diretto e interpretato da Roberto Benigni, affiancato da Walter Matthau, Nicoletta Braschi e Stefania Sandrelli.
La storia? Quella di un diavoletto pasticcione che scappa da un esorcismo e decide di attaccarsi (letteralmente) al prete che stava cercando di liberarlo.
Da qui, si susseguono tante situazioni comiche, intrecci romantici e scene decisamente sopra le righe. Il film è stato visto e apprezzato sia dal pubblico che dalla critica, conquistando anche un David di Donatello. Ma come finisce questa travolgente storia? Vediamo prima la trama da vicino.
Roberto Benigni e Walter Matthau nei ruoli di Giuditta e di padre Maurizio, immagine dal canale YouTube Tyler
Il piccolo diavolo inizia presentandoci il personaggio di don Maurizio, un sacerdote americano, convocato per liberare da una presenza maligna una signora anziana, Giuditta.
Il fatto è che, nel momento cruciale dell'esorcismo, dal corpo della donna non esce un demone inquietante, ma un diavoletto dispettoso.
Si presenta addirittura come "Giuditta", assume tutto sommato un modo di fare ingenuo, curioso, divertito all'idea di stare sulla Terra. Non vuole sapere di tornarsene all'inferno.
Così, resta incollato al povero don Maurizio, che deve sopportarlo, insieme a tutte quelle che combina, gettando un mare di caos nella sua vita.
Si susseguono scene surreali, equivoci, accidenti improbabili e incontri importanti, come quello con Nina, una diavolessa che è stata mandata appositamente a recuperare questo impertinente. Una commedia fantasy, questa, in cui l'umorismo e il soprannaturale vengono conditi con un pizzico di romanticismo.
Sul finale de Il piccolo diavolo, questo demonio scappato dall'Inferno, che ormai si è abituato all'idea di vivere tra i comuni mortali, dovrà fronteggiare un imprevisto: l'amore.
Si affezionerà moltissimo alla diavolessa Nina, che è arrivata sulla Terra con la missione di riportarlo già negli inferi. A darle una mano c'è il professor Cusatelli, e insieme provano ogni stratagemma, compreso uno strano viaggio a Taormina, per convincerlo a lasciare il mondo degli umani.
Il demone, ingenuo e curioso allo stesso tempo, si lascia coinvolgere dal carisma di Nina e spera di intraprendere con lei una relazione.
Con astuzia e stratagemmi bizzarri, riusciranno a prendere il controllo del corpo di Giuditta, che alla mattina seguente saluta don Maurizio e se ne va canticchiando con una “doppia voce”.
Nel frattempo, don Maurizio, il sacerdote che lo aveva liberato, resterà affezionato a questa creatura che gliene ha fatte vedere di tutti i colori anche se, suo malgrado, gli ha sconvolto la vita.
Walter Matthau nel ruolo di padre Maurizio, immagine dal canale YouTube Tyler
Lazio, Toscana e Sicilia sono le tre principali regioni toccate dalle riprese del film di Roberto Benigni. In particolare le scene sono state girate a:
Roma: da si vede il palazzone di via Marotta 6, il ristorante dove il prete americano mangia, e la strada dove per poco non viene investito da un taxi. E il Giardino degli Aranci, colle Aventino, sede utilizzata per alcune scene negli esterni.
Pisa: la Chiesa di San Zeno e la Certosa di Calci, dove sono state girate le scene della chiesa del prete Maurizio.
Taormina (Messina): la stazione dei treni di Taormina-Giardini, il San Domenico Palace Hotel, il Caffè Wunderbar dove Nina bacia un uomo, la piazzetta di Via Pietro Rizzo, un bar in via dei Fabi e il Palazzo Duca di Santo Stefano.
Il finale del film è una metafora della libertà di ognuno di noi. Riflette anche sull'importanza dei sentimenti che hanno la meglio, a prescindere da dove si provenga. Quello che sentiamo, spesso ci guida verso le scelte. Alla fine, Giuditta si innamora di Nina e questo vince il desiderio di restare sulla Terra. Deve accettare il ritorno al suo destino, ma tutto è guidato dal sentimento. Anche un piccolo diavolo scapestrato, alla fine del suo percorso, può sentire i pesi del cuore, delle responsabilità, delle scelte. Certo, il film di Benigni non abbandona quasi mai la sua leggerezza, ma non si può dire che non sia una commedia che fa riflettere profondamente sul rapporto tra ciò che si vorrebbe e ciò che si sente.