Cosa succede quando metti un novellino davanti a una sala di sorveglianza high-tech e lo lasci da solo nella notte più sbagliata dell’anno? Nasce "Wire Room", action del 2022 che ha messo insieme l’energia "street-smart" di Kevin Dillon e il carisma granitico di Bruce Willis.
Il film ha pescato a piene mani dall’immaginario dei techno-thriller: camere nascoste, microfoni ovunque, protocolli rigidi da seguire… e inevitabilmente da infrangere. Se ti stai chiedendo dove l’hanno girato, come finisce e chi ha fatto cosa dietro le quinte, sei nel posto giusto.
Altro che deserto del New Mexico: "Wire Room" ha trovato casa in Alabama, con base a Birmingham. Qui la produzione ha avviato la principal photography il 20 dicembre 2021, sfruttando spazi industriali e ambienti urbani che si prestano benissimo a un’atmosfera tesa e claustrofobica.
La scelta del Sud degli Stati Uniti non è casuale: logistica snella, benefici locali e location duttili hanno reso il set un piccolo fortino operativo dove la "stanza dei fili" (la wire room) potesse davvero sembrare un bunker digitale.
Il protagonista è Justin Rosa (Kevin Dillon), una recluta della sicurezza interna che trascorre il turno dentro una wire room, cioè un centro di comando che sorveglia criminali ad alto rischio in tempo reale. La missione sembra routine finché il "sorvegliato speciale" viene assaltato a casa sua da una squadra di fuoco.
Da lì, il caos: Justin non può abbandonare la postazione né "bruciare il filo" (cioè compromettere l’operazione), ma deve salvare l’obiettivo e l’indagine… restando bloccato a cinquanta miglia di distanza. A guidarlo (e pungolarlo) via radio c’è Shane Mueller (Bruce Willis), veterano dal sarcasmo appuntito.
La spirale di attacchi e contromosse porta i nemici a scoprire l’esistenza della wire room. L’assedio si sposta così dal campo al "cervello" dell’operazione. Justin, che a inizio turno sembrava spaesato, prende il controllo: sfrutta feed video, tracciamenti e quel poco equipaggiamento disponibile per ribaltare il tavolo.
L’obiettivo? Tenere in vita il bersaglio e preservare le prove senza mandare in fumo mesi di intercettazioni. Alla fine, quando la stanza è ormai compromessa, Justin ne esce con le ossa (e i dati) intatte e - soprattutto - con il rispetto del suo superiore. È il classico "battesimo del fuoco" che trasforma la recluta in operatore vero.
La coppia di testa è composta da Kevin Dillon e Bruce Willis: il primo interpreta Justin Rosa, il secondo Shane Mueller, capo della wire room. A complicare il quadro ci pensano Oliver Trevena nei panni del gangster Eddie Flynn, Texas Battle come sceriffo Roberts e Cameron Douglas come Mike Axum.
Una line-up asciutta, focalizzata sul duello distanza-campo che regge l’intero film. Alla regia trovi Matt Eskandari, già avvezzo all’action compatto, mentre la sceneggiatura porta la firma di Brandon Stiefer.
Il film è prodotto da Randall Emmett, George Furla, Oliver Trevena, Norton Herrick, Ceasar Richbow, Mark Stewart e Noel Ashman, per Five Star Films (con Emmett/Furla Oasis in sella alla produzione). Un team esperto in titoli dal passo rapido, girati in tempi serrati e con set molto funzionali al racconto.
Curiosità SEO (e risposta utile): nel gergo delle forze dell’ordine americane, una wire room è lo spazio sicuro dove si gestiscono intercettazioni autorizzate dal tribunale, si monitorano feed audio/video e si coordinano gli interventi, spesso senza poter interagire direttamente con i soggetti sorvegliati.
È proprio questa regola - "non contattare il target" - a generare il conflitto del film.