"Nella morsa del ragno", ora su Netflix, è un complesso gioco di specchi che riporta sullo schermo uno dei personaggi più amati dello scrittore James Patterson: lo psicologo forense Alex Cross, interpretato da un magistrale Morgan Freeman.
Tornato in azione dopo un trauma che lo aveva allontanato dalla polizia, Cross si ritrova invischiato nel rapimento di Megan Rose, la figlia di un senatore.
Il caso sembra apparentemente lineare: un criminale geniale e narcisista, Gary Soneji, vuole passare alla storia come l'emulatore di Bruno Hauptmann, l'uomo dietro il "crimine del secolo", il rapimento del figlio di Lindbergh.
Ma le cose non vanno come ci si aspetterebbe. Qual è il finale del film?
Il film, diretto da Lee Tamahori, ci guida con abilità attraverso un'indagine che sembra concentrarsi unicamente sulla caccia a Soneji.
Quest'ultimo è un avversario formidabile: un insegnante che si nasconde dietro pesanti protesi, un uomo che ha pianificato per anni il suo colpo, guadagnandosi il soprannome di "Ragno".
La sua crudeltà e la sua sete di notorietà sono evidenti. Non cerca denaro, ma fama immortale. Il suo vero obiettivo, come scoprono Cross e l'agente dei servizi segreti Jezzie Flannigan, non è nemmeno la piccola Megan, ma Dimitri Starodubov, il figlio del Presidente russo, un bersaglio ben più prestigioso.
Tuttavia, è proprio quando il piano di Soneji fallisce che il vero mistero inizia a dipanarsi. Improvvisamente, emerge una richiesta di riscatto: 10 milioni di dollari in diamanti.
Questo dettaglio stona con tutto ciò che Cross ha capito del suo avversario. Un uomo ossessionato dalla fama non si abbasserebbe a un volgare riscatto. È il primo, fondamentale campanello d'allarme che indica come Soneji non sia l'unico giocatore sulla scacchiera.
Il punto di svolta arriva durante il confronto finale tra Cross e Soneji. Messo alle strette, il rapitore non sa nulla del riscatto. In quell'istante, Cross comprende la verità: Soneji è solo una pedina, un burattino mosso da fili invisibili.
Uccide Soneji solo dopo aver avuto la certezza che la piccola Megan non è più con lui. La morte del "Ragno" non chiude il caso, ma lo apre a uno scenario ben più inquietante.
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Il colpo di scena finale svela la mente dietro l'intera operazione: l'agente Jezzie Flannigan, la partner di cui Cross aveva imparato a fidarsi. Insieme al suo collega Ben Devine, Flannigan ha orchestrato un piano diabolico.
Hanno sfruttato l'ossessione di Soneji, lasciando che compisse il rapimento per poi intervenire, sottrargli la bambina e inscenare una richiesta di riscatto a loro vantaggio.
Loro sono i veri ragni, che hanno tessuto una tela complessa usando Soneji come esca e lo stesso Alex Cross come strumento inconsapevole per legittimare la consegna dei diamanti.
La freddezza di Flannigan è spietata: non esita a uccidere il suo complice Devine quando capisce che Cross è vicino alla verità. Ma il detective, un passo avanti, ha già decifrato l'enigma. Utilizzando "Assi e Otto", la mano di poker con cui il padre di Flannigan aveva vinto la sua pistola, come password per accedere al suo computer, Cross scopre i file segreti che provano il suo coinvolgimento e il nascondiglio di Megan.
Lo scontro finale nella fattoria isolata non è solo una resa dei conti fisica, ma psicologica. Flannigan tenta un'ultima, disperata messinscena, provando a fingersi l'eroina salvatrice agli occhi di Megan. Ma è troppo tardi. Messa di fronte alla sua stessa doppiezza da un Cross impassibile, Flannigan viene uccisa, ponendo fine a un incubo nato non dalla follia di un uomo, ma dall'avidità di chi avrebbe dovuto proteggere.
Il finale non ci regala solo la risoluzione di un crimine, ma svela come il male più pericoloso sia spesso quello che si nasconde dietro un volto amico.