Nel suo editoriale pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 21 settembre 2025, Marco Travaglio demolisce con ironia le narrazioni del mainstream occidentale, accusando i media e la politica di fomentare lo spettro della terza guerra mondiale attribuendo ogni colpa alla Russia.
Travaglio utilizza il sarcasmo per evidenziare la retorica bellicista che domina le cronache, soprattutto da parte di quei politici e intellettuali liberali che, secondo il direttore del Fatto, risultano oggi molto più accesi dei generali di destra.
Travaglio apre con una provocazione: "Quando gli storici del futuro studieranno gli eurodeliri del 2025, sempreché sopravviva qualcuno per raccontarli, si interrogheranno su un fenomeno bizzarro: diversamente da un secolo fa, i guerrafondai e riarmisti più infoiati sono i politici 'liberali' e di centrosinistra, con intellettuali e giornalisti al seguito, al cui confronto quelli di destra e i generali sembrano...".
L'autore punge la sinistra europea, ormai "più guerrafondaia della destra", ribaltando il mito secondo cui i pacifisti sarebbero soltanto nell'area progressista.
Nel testo si ironizza sugli allarmi costanti della Nato e sui proclami da talk-show: Travaglio cita Andrea Margelletti, protagonista di numerosi interventi pubblici, che minaccia la Russia dai microfoni italiani: "Se ci saranno altre violazioni dello spazio aereo europeo è probabile che si arriverà alla necessità di dover abbattere gli aerei russi...".
Un clima surreale in cui giornalisti e politicanti si atteggiano a strateghi militari, pronti a evocare scenari apocalittici sulla pelle dei cittadini europei.
Il titolo dell'editoriale richiama la frase "La guerra è bella", declinata ironicamente per fotografare quanto l'occidente si sia adagiato su una narrazione che normalizza il rischio bellico: in televisione e sul web si rilanciano incessantemente analisi catastrofiche, spesso basate su congetture e dati manipolati.
Travaglio sottolinea come le campagne di armamento siano giustificate attraverso "balle, ospedali e bunker", preparandoci mentalmente alla guerra invece che alla pace.
In più occasioni, Travaglio evidenzia come la propaganda occidentale pratichi un doppio standard: mentre la Russia viene demonizzata e punita con decine di pacchetti di sanzioni, altri conflitti (ad esempio il caso Israele-Gaza) restano impuniti e sottaciuti.
"I civili che muoiono a Gaza non sono effetti collaterali, sono effetti diretti..." si legge in altri interventi del direttore, coerentemente con quanto argomentato nell’editoriale odierno: l'Occidente si scandalizza e si mobilita solo quando è strategico farlo.
Un passaggio significativo sottolinea la follia della corsa agli armamenti: "Quando dicono che l’Europa è disarmata e bisogna riarmarla, Cottarelli ha fatto un calcolo: l’Europa spende il 38 per cento in più della Russia per armamenti. Se prepari la guerra, ottieni la guerra. E se prepari la pace, ottieni la pace. ‘Si vis pacem para bellum’ non è che, essendo in latino, è giusto: è una stronzata galattica, soprattutto nell’era nucleare.".
Frasi taglienti, che smontano la logica del riarmo preventiva sostenuta a reti unificate dai canali mainstream.
Travaglio chiude con un invito alla riflessione, sollecitando il lettore a diffidare delle narrazioni semplicistiche e delle analisi "da salotto".
Con il suo stile pungente, consiglia di cercare la pace anziché arrendersi alle sirene guerrafondaie: "Se la Russia sarà il pretesto per la terza guerra mondiale, sarà solo per i deliri di chi sogna i titoli da prime time".