Diretto da Jonathan Darby e interpretato da un cast di primo livello che include Gwyneth Paltrow, Johnathon Schaech e una magistrale Jessica Lange, questo film del 1998 costruisce lentamente un'atmosfera di paranoia e claustrofobia, trasformando un'idilliaca tenuta di campagna nel teatro di un incubo.
Il suo finale, un crescendo di violenza e risoluzione, rimane ancora oggi oggetto di discussione per la sua efficacia drammatica tanto quanto per le sue evidenti forzature narrative.
Se lo hai perso, puoi vederlo adesso su Netflix.
Ecco il trailer:
Il film segue la storia d'amore di Helen (Paltrow) e Jackson Baring (Schaech), una giovane coppia innamorata di New York la cui vita viene sconvolta da una gravidanza inaspettata.
Decidono di trasferirsi temporaneamente a Kilronan, la splendida ma isolata tenuta di famiglia di Jackson, per stare vicino a sua madre, la vedova Martha (Lange).
Inizialmente, Martha appare come una matriarca accogliente e affettuosa, ma ben presto la sua gentilezza si rivela una maschera per un'ossessione possessiva e manipolatrice. Vede Helen come un'intrusa e il bambino non ancora nato come l'unico mezzo per riappropriarsi dell'amore e del controllo su suo figlio.
La seconda metà del film accelera bruscamente, trasformando la tensione psicologica in un vero e proprio scontro per la sopravvivenza. Il culmine narrativo si raggiunge quando le intenzioni di Martha vengono pienamente a galla.
Non è più solo una suocera invadente, ma una vera e propria antagonista disposta a tutto. Il suo piano è diabolico: utilizzando tranquillanti per cavalli, induce prematuramente il travaglio di Helen con l'obiettivo di farla partorire, ucciderla e crescere il bambino come suo, cancellando di fatto la presenza della nuora dalla vita di suo figlio.
È in questa fase che Helen subisce una trasformazione incredibile. Da vittima passiva, costretta a letto e indebolita dai farmaci, diventa una combattente determinata. La sua fuga e la successiva vendetta rappresentano il cuore del climax.
Sfruttando la sua conoscenza della casa e l'elemento sorpresa, riesce a ribaltare la situazione, affronta Martha in un confronto fisico e psicologico che culmina con la morte della sua aguzzina. La scena è costruita per offrire allo spettatore una catarsi liberatoria: l'eroina trionfa sul suo carnefice e salva se stessa e suo figlio.
Tuttavia, è proprio in questo frangente che la sospensione dell'incredulità viene messa a dura prova. Le implausibilità mediche del finale sono state spesso criticate. L'idea che Helen, sotto l'effetto di potenti sedativi, riesca non solo a partorire da sola senza alcuna assistenza medica qualificata, ma anche a trovare la forza fisica per combattere e uccidere Martha, rasenta l'inverosimile.
A questo si aggiunge il dettaglio, spesso sottolineato, secondo cui il neonato sarebbe sopravvissuto per un tempo considerevole senza nutrimento, un elemento che aggiunge un ulteriore strato di irrealismo a una sequenza già tesa al limite.
Con Martha finalmente fuori scena, la risoluzione del film è rapida. Helen e Jackson, insieme al loro bambino, lasciano Kilronan per sempre, abbandonando il luogo che da sogno si era trasformato in una prigione. La fattoria, con i suoi segreti e le sue bugie, viene lasciata alle spalle, simboleggiando un tentativo di chiudere con il passato traumatico.
La scena finale offre un momento di quiete apparente. La coppia si reca a trovare Alice (Nina Foch), la nonna di Jackson, in una casa di riposo. Presentandole il pronipote, compiono un gesto di riconciliazione e di continuità generazionale.
Secondo molti spettatori, questa conclusione lasci aperte questioni importanti. Il mistero più grande rimane il ruolo di Jackson in tutta la vicenda.
Il film non chiarisce mai fino in fondo il suo grado di coinvolgimento o di consapevolezza.
È stato una semplice pedina, accecato dall'amore filiale e incapace di vedere la vera natura di sua madre? O era, in qualche misura, complice passivo dei suoi schemi, troppo debole per opporsi?
Questa ambiguità mina la solidità della sua relazione con Helen e lascia un'ombra sul loro futuro. La loro fuga da Kilronan è una liberazione, ma il trauma e i segreti irrisolti rischiano di seguirli, rendendo il loro "lieto fine" molto più fragile di quanto appaia in superficie.
Insomma il finale, pur essendo catartico, si affida a soluzioni narrative affrettate e a elementi inverosimili che ne limitano l'impatto complessivo.