"Zootropolis 2" è appena arrivato e già ha mandato i fan in visibilio, tirando fuori nuovi misteri, una cospirazione da brivido e un serpente che ha fatto impazzire la città.
Il sequel riprende l’alchimia irresistibile tra Judy Hopps e Nick Wilde e la porta in un territorio completamente nuovo, più politico, più adulto… ma con la stessa esplosione di colori, humor e simbolismi.
Se ti stai chiedendo come finisce, cosa vuole davvero Gary De’Snake e che significato ha il sequel, sei nel posto giusto. Ecco la spiegazione dell’intero finale di "Zootropolis 2", gli intrecci più nascosti e le allegorie che Disney ha seminato ovunque, proprio come le briciole di pane di Pollicino, ma molto più glam.
Gary De’Snake è la sorpresa assoluta del "Zootropolis 2": un serpente sfuggente, letteralmente in fuga, che trascina Judy e Nick in una caccia all’uomo piena di colpi di scena. Ma la verità è che Gary non vuole distruggere niente: vuole solo provare l’innocenza della sua famiglia.
E qui il film piazza la sua bomba emotiva.
Nel cuore di questa storia c’è un brevetto scomparso: il documento che dimostra che non è stato Ebenezer Lynxley a progettare il sistema di gestione meteorologica che permette ai distretti di coesistere, ma la bisnonna di Gary, Agnes De’Snake.
Il suo progetto è stato rubato, manipolato e infine coperto da un insabbiamento con tanto di omicidio. La famiglia Lynxley ha costruito la propria reputazione - e il proprio potere - su una bugia gigantesca.
E qui "Zootropolis 2" va dritto al punto: i rettili sono stati cacciati, ghettizzati, confinati, accusati di essere una minaccia. Una parabola sottile (neanche troppo) su quanto sia facile costruire un capro espiatorio quando serve mantenere uno status quo.
Gary vuole quel brevetto perché è l’unico modo per riaprire il quartiere dei rettili e dimostrare che “il mostro” non è lui… ma il sistema che l’ha escluso.
Con l’aiuto di Judy e Nick, Gary riesce nell’impresa e porta alla luce la verità: una città costruita sull’inclusività ha vissuto anni di discriminazioni sistematiche, e nessuno se n’è accorto. O peggio: nessuno ha voluto accorgersene.
Pawbert Lynxley è forse il personaggio più sorprendente di tutto il film. All’inizio appare come il classico timido di famiglia, un po' goffo, un po’ spaesato, l’unico dei Lynxley che sembra voler rompere il silenzio sull’enorme bugia ereditata dai suoi antenati.
Judy gli si affeziona subito, e lo spettatore viene trascinato nella stessa illusione: finalmente uno dei "potenti" che vuole fare la cosa giusta. E invece… sorpresa!
Pawbert rivela il suo vero obiettivo: distruggere il brevetto prima che Gary possa usarlo. Non è un cattivo di ghiaccio come Bellwether nel primo film. È molto peggio, perché è un cattivo insicuro. Pawbert vuole solo essere accettato dalla sua famiglia.
E per dimostrarsi "uno di loro", tradisce Judy, avvelena la scena, lascia Gary al gelo, distrugge tutto ciò che potrebbe rovinare la reputazione dei Lynxley. Il suo è un personaggio quasi shakespeariano: sincero nei sentimenti, disperato nelle azioni, tragico nelle conseguenze.
Vuole essere amato da chi non l’ha mai amato, e per questo è disposto a diventare complice di un sistema marcio. Il film lo descrive come il volto più subdolo della corruzione: chi non fa del male per crudeltà, ma per paura di essere escluso.
Durante il climax, Pawbert perde lucidità ed equilibrio emotivo, ma non perde il suo obiettivo: cancellare la verità. È la personificazione di chi partecipa agli insabbiamenti "perché è più facile", "perché fa comodo", "perché così funziona il mondo". Ed è proprio per questo che colpisce così forte.
Al centro di "Zootropolis 2" c’è, ancora una volta, la coppia più improbabile e irresistibile del cinema d’animazione: Judy Hopps e Nick Wilde. I due non potrebbero essere più diversi, eppure il film dimostra ancora una volta che sono proprio le differenze a renderli una squadra imbattibile.
Quando litigano, la città cade a pezzi. Quando collaborano… salvano tutti. Il tema è chiarissimo: l’unità salva, la divisione distrugge.
La città di Zootropolis si è lasciata manipolare da chi usava la paura per ottenere potere, e il film non si limita a raccontarlo: lo mostra. Il capitano Hoggbottom, per esempio, accusa, diffida, giudica… ma quando le cose diventano serie, si rifiuta di usare la violenza e finisce per aiutare Judy.
È un altro esempio di come la città sia stata spinta alla diffidenza, ma non abbia perso del tutto la sua bussola morale. Il messaggio è diretto: i sistemi corrotti si reggono sulla paura. E quando la paura crolla, crolla anche chi la usa per governare.
Il film non si ferma al finale: pare proprio che Disney abbia già in cantiere il terzo capitolo sulle avventure della cogniglietta e della volpe e non a caso ha seminato indizi come coriandoli a Carnevale.
Il più evidente è la password sul computer dell’agente Paul: "P@Rt3izFr&BrdZ…". Tradotta: "La parte 3 è reale e anche gli uccelli lo sono". Una trollata meravigliosa da parte degli animatori, che hanno deciso di confermare il terzo film senza confermarlo.
E come se non bastasse, la scena post-crediti mostra una piuma cadere vicino al registratore di Judy… mentre un’ombra vola oltre la finestra. E gli uccelli, finora, non esistono nel mondo di Zootropolis. Non ancora.
L’universo sta per espandersi. Letteralmente.
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