Il film a episodi si snoda lungo le vicende che coinvolgono i redattori del The French Dispatch, fantomatica pubblicazione americana che si rifà chiaramente al The New Yorker, e da il titolo alla pellicola. Il direttore è Bill Murray, collassato nelle prime sequenze. Dopo la sua dipartita ha lasciato disposizioni per un ultimo numero di addio, che insieme al suo necrologio propone una raccolta dei migliori articoli della testata: gli strambi reportage tematici che vedremo inscenati sullo schermo, letti, raccontati, a volte illustrati dalle penne del giornale. Il primo è un tour in bicicletta per le strade di Ennui, cittadina francese fittizia, sede del quotidiano. Owen Wilson, cronista in bicicletta, racconta i luoghi più caratteristici costruendo un sincopato confronto visivo tra passato e presente. Poi è la volta di Tilda Swinton e del celebre artista Moses Rosenthaler interpretato da un Benicio del Toro schizzato e galeotto. Mentre sconta la pena da sfogo al suo estro artistico dipingendo nudi astratti della secondina di cui si è invaghito, catturando l’attenzione di un mercante d’arte condannato per evasione fiscale e deciso ad arricchirsi rendendolo celebre. Ancora, un’algida Frances McDormand inviata a seguire una protesta sessantottina guidata dallo studente Zeffirelli (Timothée Chalamet), con cui finirà a letto mentre ne corregge il manifesto, in barba alla neutralità giornalistica. Infine Jeffrey Wright che, invitato a cena dal commissario di polizia per assaggiare i piatti del leggendario chef poliziotto Nescaffier, finisce nel bel mezzo di una caccia all’uomo: quella sera il figlio del capo viene rapito.
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