George Lakoff rimane, ancora oggi, un punto di riferimento importante per chi si occupa di comunicazione e comunicazione politica. In estremissima sintesi: secondo Lakoff i messaggi politici vengono costruiti mediante dei frame che sono capaci di sbloccare, a livello cognitivo, alcune immagini ben sedimentate nel cervello umano. Un meccanismo che, a suo modo di vedere, veniva meglio ai politici conservatori rispetto a quelli progressisti. I conservatori, spiega, sono stati capaci di appropriarsi di alcuni frame importanti (per esempio l’immigrazione vista come invasione di uno straniero) ed i progressisti sono stati costretti ad inseguire, meno avvezzi e capaci a dettare l’agenda mediatica. È d’altronde evidente che i punti di vista del mondo conservatore sono più emotivi e più inclini ad attecchire, pensiamo ai populismi di destra che fanno leva su emozioni primordiali dell’uomo: l’amore per gli insider, il popolo; la paura per gli outsiders, chi non fa parte del popolo; e l’odio per l’elites, quella parte terza allo stato che non farebbe gli interessi del popolo (spesso l’Europa, nella visione euroscettica).
Non tutto fa regola e negli anni ci sono state molte icone della sinistra capaci di dettare l’agenda e mediatica e politica. Tuttavia, ancora oggi, alla sinistra capita di cadere nel tranello di pensare all’elefante e di ribadire, involontariamente, i frame della destra. A cosa pensate, se vi viene detto di non pensare all’elefante? All'elefante, appunto. Lakoff insegna: mai usare le parole dell’avversario per tentare di smentirle, meglio usare parole nuove possibilmente capaci di sbloccare emozioni nuove.
E veniamo all’oggi. L’opinione pubblica italiana sembra piuttosto pronta ad introdurre elementi politici e sociali nuovi: dallo ius scholae allo ius soli passando per la depenalizzazione della cannabis. Il fermento sociale sembra elevato. Quello a cui deve stare attenta la sinistra ed in particolar modo il leader del principale partito di centrosinistra, Enrico Letta, è di evitare di cadere nei frame avversari. Piuttosto, andrebbe dettata l’agenda, in forma positiva, con i propri temi.
Giorgia Meloni sembra aver capito questa attitudine della sinistra ed è solita, anche in queste ore, spargere delle trappole qua e là. Ed ecco che tutto si minimizza alla battaglia dei buoni contro i cattivi, dei progressisti contro i fascisti. Costruire una campagna elettorale sul pericolo della destra al governo, rischia di non essere sufficiente. Rischia di non infiammare fino in fondo, oltre che di compattare e motivare lo schieramento avversario. Serve più forza nel dettare i temi della campagna, evitando di cascare nel vocabolario avversario. La lezione di Lakoff risulta, ancora una volta, pedagogica.