I pubblici ministeri Michele Prestipino e Stefano Luciani e il procuratore Francesco Lo Voi sono chiamati a dare risposta sul caso di Hasib Omerovic, il disabile 36enne precipitato dalla finestra della propria abitazione a Roma durante una perquisizione (senza mandato) di alcuni agenti.
Nelle ultime 48 ore si è intensificata l'indagine, tuttavia gli indizi raccolti vanno in direzioni diverse e impediscono di ricostruire un quadro completo dei fatti.
Sul caso del disabile sordomuto di Roma c'è una buona notizia: le sue condizioni di salute mostrano segnali di miglioramento, nonostante il quadro clinico presenti i segni di tre interventi chirurgici.
Detto ciò c'è ancora molto da fare per appurare la verità sui fatti del 25 luglio a Primavalle. La Procura intende iscrivere i primi nomi nel registro degli indagati per tentato omicidio, ma le prove a disposizione degli inquirenti sono difficili da amalgamare nel puzzle. Constatata l'assenza di un mandato di perquisizione da parte degli agenti (rimane da capire chi abbia autorizzato a procedere), un nuovo elemento scaturisce dalle motivazioni del controllo elencate nella relazione firmata dagli agenti (circa una decina quelli presenti).
Ebbene, un indizio importante arriva da un post pubblicato su Facebook in un gruppo di quartiere dove il 36enne veniva accusato di molestie sessuali nei confronti di alcune ragazzine. Oltre a ciò il nulla, nessuna denuncia sporta e prove tangibili del reato. Qualcuno sostiene che probabilmente abbia preso di mira anche una ragazzina parente di alcune personalità "influenti", invitandolo a desistere da futuri appostamenti.
A corredo di ciò, nel dipinto di Hasib Omerovic, rientra anche un sospetto deposito di ferro in cantina che avrebbe attirato topi e scarafaggi nel condominio causando irritazione e segnalazioni alla polizia.
Ma se le versioni dei familiari e quelle degli agenti non coincidono minimamente, lo stesso si può dire dei condomini: ci sono infatti persone che descrivono il disabile di etnia rom come una persona buona, docile e mansueta, bollando le accuse nei suoi confronti come dicerie.
Dalla relazione emerge anche come i familiari, ossia la madre Fatima e la sorella Sonita (affetta da disturbi psichici), fossero a conoscenza del motivo della perquisizione quando hanno presentato la denuncia in commissariato. Oltre agli elementi recuperati dalla scientifica, rimangono da decifrare il termosifone divelto dal muro (e con macchie di sangue), la scopa spezzata in due e la tapparella alzata forse dallo stesso Hasib per fuggire in preda una crisi di nervi.