L’Iran continua ad essere un paese diviso a metà con centinaia di studentesse che accusano di essere intossicate. Ad Akhundi nella provincia al confine occidentale di Kermansha, una ragazza ha tirato giù la bandiera dell’Iran nel liceo femminile in cui studia, mettendo a rischio la sua vita. Tante le città iraniane toccate dalla protesta così come tanti sono i genitori e gli studenti arrivati da più parti del Paese per protestare sotto il ministero dell’istruzione.
Quello delle studentesse dell’Iran, sembra sempre di più un piano di avvelenamento di massa finalizzato sempre alla negazione del diritto all'istruzione alle donne. Un diritto che in ogni Paese del globo non dovrebbe mancare, ma questo divieto vive da anni sulla pelle delle studentesse dell’Afghanistan: sono almeno 800 - secondo i dati conteggiati fino a oggi - le ragazze ricoverate negli ospedali in giro per l’Iran con patologie e crisi respiratorie. Il caos, se così possiamo definirlo, è iniziato circa tre mesi fa nella città santa di Qom. Nel paese, secondo quanto si apprende dalle agenzia di stampa Tasnim e Mehr, si parla di avvelenamento a tappeto. Un piano macabro che finora ha già portato alla morte di una donna mentre le altre vittime sono ricoverate in pericolo di vita.
Ad oggi non si conosce il responsabile degli avvelenamenti e allo stesso tempo quale gas sia stato usato per portare paura nelle scuole iraniane e alle donne del paese. Mentre la polizia continua con gli approfondimenti di tutte le indagini, i manifestanti in coro replicano: Guardie della Rivoluzione, Basij, siete come l'Isis!". Anche l’ONU, insieme al presidente Ebrahim Raisi, ha chiesto ai ministri dell'Intelligence e dell'Interno di indagare sulla vicenda e stilare un rapporto limpido sull’accaduto. Dalla presidenza fanno sapere che questo si tratta dell’ennesimo attacco del nemico. Una cospirazione per mettere paura alla gente.