"Torture, fame, lavoro forzato, esecuzioni e violenza di genere, compresi gli aborti forzati": sono solo alcune delle violenze che i detenuti nei campi di prigionia in Corea del Nord si trovano costretti a subire. È quanto denunciato dall'ambasciatrice americana all'Onu Linda Thomas-Greenfield, che parla di "atrocità" del regime di Pyongyang nei confronti di "più di 80.000 persone".
L'esposto dell'ambasciatrice è arrivato durante una riunione informale del Consiglio di Sicurezza Onu: tra gli scopi del vertice c'era far luce su abusi e violazioni della Corea del Nord in un'ottica di pace e sicurezza internazionali. Thomas-Greenfield ha precisato che "il regime ha compiuto anche atti di repressione transnazionale, tra cui intimidazioni, sorveglianza, rimpatri forzati e omicidi".
Una denuncia che non è andata a genio a Xing Jisheng, consigliere della missione cinese delle Nazioni Unite, che ha additato la decisione degli Stati Uniti di discutere dei diritti umani nel Consiglio di sicurezza come una "mossa irresponsabile", che "non è in alcun modo costruttiva" e che rischia di "intensificare il conflitto" anziché allentare le tensioni.
Dello stesso avviso anche Stepan Kuzmenkov, consigliere russo che considera l'incontro di "chiara tendenza anti-nordcoreana". L'accusa agli Stati Uniti è quella di utilizzare i diritti umani "per regolare i conti con il governi non di loro gradimento".
Dal canto suo, l'ambasciatrice americana ha attaccato la Cina per il suo tentativo di sabotare la diffusione pubblica dell'incontro sui canali tv dell'Onu.
Va detto che la decisione di oscurare la trasmissione tv rientra nelle possibilità di un membro del Consiglio, e la Cina è uno dei cinque membri permanenti.
Alla riunione informale del Consiglio di Sicurezza Onu ha partecipato per l'Italia il diplomatico Gianluca Greco. Il nostro Paese ha mostrato "profonda preoccupazione" per una "diffusa e sistematica violazione dei diritti umani in Corea del Nord".
La richiesta a Pyongyang è quella di "concedere l'accesso al personale e alle agenzie umanitarie internazionali per condurre valutazioni indipendenti dei bisogni, attuare programmi umanitari coerenti con gli standard internazionali e i principi umanitari e fornire assistenza alle persone nelle situazioni più vulnerabili".
Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha minacciato di ricorrere "in maniera preventiva" al suo arsenale nucleare, in caso di "conflitto che si allarghi pericolosamente". Una presa di posizione ribadita già ad aprile 2022, quando Kim aveva auspicato l'uso di armi nucleari in difesa degli "interessi fondamentali".
Da Pyongyang l'intento è quello di "incutere paura nei nemici" per scoraggiare la guerra e "garantire in modo affidabile la vita pacifica del popolo". Stando alle autorità, circa 800.000 cittadini sarebbero pronti a far parte dell'esercito della nazione per combattere contro gli Stati Uniti.