Dopo l'attentato del Crocus City Hall, a Mosca, arrivano inevitabili anche le polemiche, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che respinge duramente le accuse di Vladimir Putin, che aveva ipotizzato un coinvolgimento di Kiev nella strage, dandogli del "bastardo". Vicinanza viene espressa, invece, dagli Stati Uniti.
Le fiamme del Crocus City Hall, luogo dell'attentato avvenuto a Mosca nella serata di ieri, 22 marzo, sono ormai spente ma il fumo continua a ricordare la terribile strage rivendicata dall'Isis e costata la vita ad almeno 140 persone.
Ma dopo la solidarietà ricevuta dai leader europei, è il tempo delle polemiche da parte di chi, malgrado la tragedia, resta pur sempre un nemico in guerra.
E così il presidente ucraino Zelensky ha risposto a muso duro alle velate - fino a un certo punto... - accuse di Putin e dell'Intelligence russa che ipotizzavano una 'pista ucraina' per la strage.
Nel suo messaggio quotidiano alla nazione, il leader ucraino ha definito Putin e i suoi sodali dei "bastardi" che provano a dare la colpa al suo Paese per quanto accaduto.
Una linea perseguita, sebbene con toni decisamente meno accesi, anche dall'ambasciatore dell'Ucraina in Italia, Yaroslav Melynk, che ha ribadito come il suo Paese non sia collegato alla vicenda e che, di conseguenza, non debba commentarla.
Nessuna polemica, invece, dagli Stati Uniti, dove la linea scelta è quella della solidarietà e della lotta a un "nemico comune" rappresentato dall'Isis.
La portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha espresso la ferma condanna dell'amministrazione Biden nei confronti di quello che ha definito "l'atroce attacco terroristico di Mosca", parlando dello Stato Islamico come di "un nemico comune che deve essere sconfitto ovunque".