Sono caduta in un pozzo profondissimo, ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia: così Ilaria Salis, ex insegnante di 39 anni ed attualmente detenuta in Ungheria, si esprime in una lettera scritta dal carcere. L'attivista anarchica, che è in prigione a Budapest dal febbraio del 2023, continua a soffrire per le condizioni in cui si trova e a chiedere aiuto al suo Paese, l’Italia.
A trasmettere alcune pagine scritte sul diario di Ilaria Salis è stata La Repubblica: il giornale ha pubblicato parte di una lettera che arriva direttamente dal carcere. L'attivista anarchica è detenuta da oltre un anno.
Sono parole di sofferenza, ma anche di forza e di convinzione quelle espresse dalla 39enne. Salis, in un passaggio, racconta di quanto sia difficile trascorrere il tempo senza scambiare nemmeno una parola con i suoi cari.
Ricorda che, prima di essere accusata e imprigionata nel carcere di massima sicurezza di Budapest, bastava un click sullo schermo del telefonino per comunicare con tante persone diverse allo stesso tempo in modo continuativo.
Sul suo diario scrive inoltre:
Poi il commento:
Nella sua lettera, Ilaria cita il fumettista Zerocalcare. Spiega che ormai si trova reclusa da tanto tempo e i mesi si fanno sempre più lunghi. Ciò comporta inevitabilmente, come scrive la donna, che la bolla in cui si trova si trasformi in un buco nero che la risucchia.
Ancora si legge nel diario dell’ex insegnante, nata e cresciuta in Italia, di 39 anni:
Ilaria Salis racconta che le pareti di questo pozzo sono davvero scivolose, motivo per cui ogni volta che si cerca di compiere un breve passo per risalire, alla fine si cade e si precipita ancora di più in profondità.
A questo punto, l'attivista anarchica, si domanda se il pozzo abbia davvero un fondo e se ci sia davvero una via d'uscita.
E ancora la donna aggiunge:
Il racconto dell'ex maestra italiana detenuta a Budapest in un carcere di massima sicurezza continua dicendo che, quando chiude gli occhi, immagina ad essere oltre le mura della prigione.
Riferisce di vedere uomini e donne che su degli arazzi raffigurano storie di popoli, culture, lingue, religioni, ma anche sistemi economici, politici e giuridici. E ancora: storie di ricchezze e di miseria. Di potere e di sopraffazione. Di guerra e di sfruttamento.
Infine, la giovane donna conclude la lettera con queste parole:
Ilaria Salis, dunque, da un lato continua a esprimere disagio e preoccupazione per le condizioni in cui si trova a vivere nel carcere di Budapest. Dall'altro ribadisce di sentirsi dalla parte corretta della storia.
Ilaria Salis, originaria di Monza, oltre che essere un'attivista anarchica, è anche una ex insegnante di 39 anni. Lavorava come maestra in una scuola elementare di Milano fino a poco tempo fa.
Il suo incubo è iniziato quando, dopo aver preso parte ad una manifestazione contro neonazisti durante La Giornata dell’Onore, è stata fermata con l'accusa di aver partecipato ad un'aggressione.
Tale Giornata si tiene annualmente a Budapest e raccoglie centinaia e centinaia di uomini e donne che celebrano il battaglione che nel 1945 si è opposto all'assedio della città.
Stando alle accuse, Ilaria avrebbe aggredito due di questi estremisti di destra. È finita in manette l’11 febbraio 2023. Insieme alla donna, gli agenti hanno arrestato anche diversi militanti antifascisti tedeschi.
Secondo gli investigatori ungheresi, ci sarebbero dei video che sembrano incastrare la donna italiana. In tali filmati si vedrebbero delle persone con il volto coperto colpire due vittime con manganelli. Le ferite riportate da questi ultimi sono state lievi.
Gli agenti avevano fermato Ilaria mentre si trovava su un taxi.
Di recente il suo caso ha fatto molto clamore in Italia anche perché la donna, il suo avvocato e la sua famiglia hanno raccontato che Ilaria è detenuta in pessime condizioni igienico-sanitarie. Secondo quanto riferito, sarebbe lasciata per giorni interi senza carta igienica, saponi e assorbenti.
La stessa ha raccontato di vivere in mezzo agli insetti e ai topo e di dormire in letti infestati da cimici. Da non dimenticare poi che, durante un'udienza in tribunale a suo carico, è stata portata in aula incatenata come un animale.