Francesco Acerbi può tornare in campo con serenità. La decisione tanto attesa rispetto al caso esploso dopo il match tra Inter e Napoli, che aveva visto coinvolto il difensore dell’Inter, accusato da Juan Jesus di aver pronunciato insulti discriminatori e razzisti, è arrivata. L’affaire si chiude, ma non mancano polemiche e contestazioni rispetto alla decisione presa. Il Napoli ha diramato un duro comunicato a sostegno del proprio calciatore. Di fatto è l’insufficienza di prove certe, oltre alla testimonianza del calciatore azzurro, ad aver portato a tale sentenza. Acerbi, dunque, è stato assolto e per commentare la decisione, l’avvocato Sandulli, esperto di diritto sportivo, è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Sono stati giorni complicati, ma Francesco Acerbi ora può respirare. Il difensore dell'Inter, al centro di un'enorme polemica che lo ha visto protagonista dopo Inter-Napoli, oggi è stato assolto per insufficienza di prove e sarà convocabile per il match contro l'Empoli. Juan Jesus aveva denunciato di aver ricevuto insulti razzisti e il Giudice sportivo ci ha voluto vedere chiaro. Un tema delicato su cui è necessario prestare massima attenzione e che avrebbe potuto mettere a repentaglio la carriera dell'interista. In attesa della decisione, Acerbi aveva lasciato il ritiro della Nazionale e sembrava addirittura che il club di Zhang avesse pensato alla rescissione contrattuale, in caso di squalifica. Nulla di tutto questo però. Dalle indagini non è emerso materiale probatorio oltre alla testimonianza del brasiliano. Per commentare la decisione che ha portato Acerbi ad essere assolto, l'avvocato Sandulli, esperto di diritto sportivo, è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Il Giudice sportivo ha emesso il verdetto e Acerbi è stato assolto. Come commenta questa decisione? Pensa sia una scelta corretta?
"Il giudice sportivo ha preso la decisione e non ha comminato le sanzioni che la Procura aveva richiesto per Acerbi. Bisogna fare una premessa: la giustizia sportiva è uno strumento che abbiamo ideato per sciogliere le controversie e dirimere i problemi. Non è uno strumento perfetto e bisogna prenderne atto, ma ci consente di governare il sistema. Peraltro, è l'unico modo che abbiamo per gestire lo sport in maniera civile. Le sentenze devono essere rispettate. Non tanto perché va rispettato il contenuto, ma perchè va rispettato il lavoro di un giudice che ha ascoltato entrambe le parti e ha preso una decisione. Credo che sia una decisione corretta perché non può esserci l'adozione di una sanzione pesante (da 10 giornate in su), se non c'è una ragionevole certezza e il convincimento da parte del giudice che quelle frasi siano state realmente dette".
Quindi se fosse dipeso da Lei sarebbe arrivato alla medesima conclusione...
"Personalmente posso anche dire di essere persuaso che Acerbi abbia detto le parole incriminate. A me in fondo sembra che la successione delle sue reazioni - quella istintiva in mezzo al campo e quella a freddo nelle interviste, senza alcun dubbio dopo essersi consultato con i suoi legali - testimoni che gli era quasi sicuramente sfuggita qualche parola di troppo. Magari anche non ponderata e non realmente pensata, ma gli era sfuggita e questo è grave. Però in quel 'personalmente' sta la differenza. Io parlo da casa, alla scrivania e in maniera privata. Quello che dico non ha alcun riflesso pratico. Il Giudice Sportivo, invece, ha una responsabilità diversa ed esercita una funzione giurisdizionale volta a regolamentare il sistema sportivo".
E' il ruolo a fare la differenza?
"Se esco dalla mia persona e provo a immedesimarmi nel giudice Mastrandrea, credo che peserei diversamente tutto il percorso logico adottato per giungere a un ragionevole convincimento. Probabilmente, se la mia decisione, invece di essere ignorata, incidesse significativamente nella realtà, allora credo che faticherei molto di più ad assumere quel convincimento che adesso mi sembra fondato. Questo caratterizza un sistema giuridico che può sbagliare ma che si fonda su giudici competenti e consapevoli di incidere sulle persone".
Assolto per insufficienza di prove dunque. La testimonianza di Juan Jesus non basta per raggiungere il livello minimo di ragionevole certezza?
"La ragionevole certezza che viene ripetuta nel dispositivo deve essere suffragata e confermata da alcuni elementi, ovvero le prove. Quantomeno devono esserci una serie di indizi che vanno a confermare l'accusa. In questo caso c'era invece un'unica testimonianza, perché nessun altro aveva sentito quelle parole, che arrivava dalla parte lesa. Queste dichiarazioni erano deboli. Poi c'erano anche le parole a caldo del calciatore in cui diceva di non aver voluto offendere e questo faceva pensare che le avesse dette. Questo però pone il dubbio sui termini utilizzati, che potevano essere diversi da quelli che abbiamo letto. Acerbi ha espresso un racconto verosimile. Il giudice non dice che è vero, ma dice che non si è potuto convincere in maniera ragionevole del contrario. Non è una decisione che smentisce Juan Jesus, ma resta il fatto che non ci sia certezza".
La Procura Federale ha ascoltato entrambi e i due protagonisti hanno fornito versioni completamente diverse. Questa decisione fa perdere di credibilità a Juan Jesus?
"Il razzismo che dà fastidio a chiunque e tocca la sensibilità di chi purtroppo ne è vittima. Non credo però che questo crei un precedente. È fondamentale che Acerbi, e tutti gli altri, facciano attenzione. Mettono le magliette nelle giornate simboliche, ma devono combattere il razzismo quotidianamente, non solo in occasione delle cerimonie. Questo episodio ha avuto grossa cassa di risonanza. Nella testa di ognuno di noi resta il dubbio che possa aver detto parole fuori luogo. Non è stato possibile provarlo, ma adesso ha una responsabilità in più per avere comportamenti che non solo siano distanti dal razzismo, ma tendenti alla solidarietà. Credo che lui come persona e personaggio sia in grado di farlo, e non deve ergersi a vittima. Non deve pensare a rispondere sui social, ma dimostrare nei fatti di non essere razzista. Dobbiamo allontanare tutti coloro che all'interno di uno stadio hanno atteggiamenti discriminatori".
Tematica delicata visto che si parla di razzismo. Questo rischia di creare un precedente?
"Il sistema della giustizia sportiva prevede di poter ricorrere in appello, se la Procura dovesse ritenere di non essere soddisfatta. C'è sempre la possibilità di un secondo grado con un secondo giudice che può ragionare in maniera diversa. I fatti potrebbero essere ulteriormente approfonditi, ma non so se Chinè prenderà in considerazione un'ipotesi simile. Auspico che la lotta al razzismo da parte della Figc avvenga attraverso altri strumenti che non siano il rincorrere un singolo episodio, non provabile. A tal proposito cologo l'occasione perchè la prossima settimana in Sapienza, avremo modo di ascoltare diversi esperti del mondo sportivo e avremo proprio Chinè, che non parlerà di questa questione, ma parlerà probabilmente delle modalità di formazione del convincimento dei procuratori e dei giudici".