Una notte di devastazione e violenza ha stravolto la nottata del carcere di Sanremo dove un gruppo di detenuti ha scatenato una protesta contro le guardie penitenziarie. Il motivo? Il ritrovamento da parte degli agenti di un telefono cellulare nascosto in una confezione di cereali.
Ancora violenza nelle prigioni italiane.
Stavolta è il carcere di Sanremo a fare da sfondo all'ennesimo episodio di degrado, che testimonia la situazione ormai del tutto fuori controllo del sistema penitenziario italiano, come sottolineato dal Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), dopo l'ennesimo caso di suicidio di un detenuto a Benevento.
A denunciare l'accaduto è il sindacato Uilpa della Polizia penitenziaria, che spiega come la rivolta sia cominciata la notte scorsa da parte di cinquanta detenuti di un reparto della prigione. I carcerati hanno distrutto e dato fuoco alle celle, prima che gli agenti riuscissero a placare la protesta, scatenata dal ritrovamento di un cellulare nascosto in un pacco di cereali.
È Fabio Pagani, Segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria, a farsi portavoce del malcontento e della frustrazione degli agenti che, ricorda, anche ieri sono intervenuti dopo esser stati richiamati in servizio, pagando dazio con uno di loro rimasto ferito.
Pagani chiama direttamente in causa il governo, chiedendo interventi rapidi e veramente risolutivi di un'emergenza che appare sempre più ignorata, a parte gli slogan e le superficiali frasi a effetto di certa politica.
Le cifre di cui parla Pagani denotano un problema sistemico delle carceri italiane. La sproporzione drammatica tra il numero dei detenuti e quello degli agenti presenti negli istituti rischia, infatti, di determinare il collasso dell'intero apparato.
Tutto questo, poi, si unisce a quello che Pagani definisce "clima di impunità" tra i prigionieri, ormai soliti contestare anche la pur minima sanzione disciplinare. Un atteggiamento, anche questo, sicuramente dovuto alla forza dei numeri.
In questo senso, Pagani si dice perplesso di fronte ai dettagli recenti emersi sull'accordo sui migranti ratificato da Italia e Albania.
In effetti, se la proporzione in Italia è di circa 60mila detenuti per 32mila agenti - quindi di 2 prigionieri per ogni agente - e nel carcere albanese risulta totalmente ribaltata, appare evidente che c'è un problema. E non solo di semplice matematica.