Dopo la morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi, l'Onu vuole celebrarlo con una commemorazione. E' arrivata, inevitabilmente, una pioggia di dissensi da parte degli attivisti per l'Iran e per i diritti umani di tutto il mondo.
Al coro di proteste contro la celebrazione, programmata per giovedì 30 maggio 2024 davanti alla sede dell'Onu a New York, si è unita anche Narges Mohammadi. La vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023 e attivista per i diritti umani e delle donne, direttamente dal carcere di Evin in Iran, ha condannato così la vicenda:
Tag24 ha cercato di capire quali sono state le reazioni in merito alla scelta dell'Onu, da parte delle realtà iraniane che da anni lottano per rovesciare il regime dell'ayatollah Khamenei e per porre fine alle barbarie e alle violenze perpetuate contro il popolo. La questione è stata approfondita grazie al prezioso contributo dell’attivista Shahed Sholeh, portavoce dell’Associazione Donne democratiche Iraniane in Italia (ADDI) e sostenitrice della Resistenza Iraniana.
Dopo la morte del presidente dell'Iran, Ebrahaim Raisi, avvenuta il 19 maggio 2024 per via del fatale incidente in elicottero in cui è rimasto coinvolto insieme al suo staff, era inevitabile che ci fossero degli squilibri e un clima di agitazione nel Paese. Il mondo intero con il fiato sospeso aspetta di capire cosa succederà nelle prossime elezioni.
Quello che nessuno si aspettava invece, è che l'Onu invocasse una giornata di celebrazione per commemorare il "macellaio di Teheran". Le atrocità e i crimini compiuti dal numero due della Guida Suprema dell'Iran non sono di certo un mistero, anzi più volte sono state motivo di condanna da parte della comunità internazionale.
E invece ora si parla di una cerimonia di commemorazione, programmata per il 30 maggio 2024, davanti alla sede delle Nazioni Unite a New York. L'attivista iraniana Shahed Sholeh ha rivelato a Tag24 che nella giornata di domani non mancheranno proteste davanti alle porte del palazzo dell'Onu e ha raccontato quali sono state le reazioni da parte della Resistenza Iraniana.
D: Dopo la richiesta dell’Onu di fissare una giornata per commemorare la morte di Raisi, quali sono state le reazioni da parte sua, della Resistenza Iraniana e delle realtà legate alla lotta per i diritti umani?
R: Come ormai è noto a molti, Raisi era molto importante per il leader supremo iraniano, che sperava, attraverso questa figura, di poter controllare il popolo con una massima repressione. Quando i capi di Stato esteri hanno cominciato a fare le condoglianze per quello che per noi iraniani è un vero e proprio criminale, c’è stata una reazione di rabbia.
Se tutto il mondo ormai conosce l’appellativo con cui era nominato Raisi, il macellaio di Teheran, un motivo ci sarà. Realtà come l'Associazione Democratica delle Donne Iraniane e la Resistenza Iraniana, ma anche tutto il popolo, sono rimasti feriti da questa scelta. Raisi è stato il responsabile di numerosi crimini, come il tristemente noto massacro dell’88. Era incaricato dall’ayatollah di gestire la repressione delle rivolte contro il regime, di attaccare, uccidere e torturare.
Fare le condoglianze per una figura del genere, per noi non è accettabile. Meritava di essere processato e di rispondere dei suoi crimini a tutti i genitori, alle famiglie di vittime dei giovani che sono stati ammazzati durante il suo mandato. L’Onu aveva riconosciuto il suo crimine contro l’umanità. Il regime iraniano è stato condannato più di 70 volte, perciò tutto questo non è accettabile. E' vergognoso e pericoloso.
Invece di pensare di andare avanti, di dare una risposta alle famiglie delle vittime, l’Onu ha pensato di commemorare la morte di Raisi. E per questo noi abbiamo iniziato a chiedere a tutte le associazioni, non soltanto di diritti umani, di insistere per l’annullamento della commemorazione.
La Resistenza Iraniana per domani ha organizzato una manifestazione davanti alla sede dell’ONU. Chiediamo sostegno a tutti coloro che prendono a cuore i diritti umani. E’ veramente vergognoso da parte delle Nazioni Unite fare una cosa del genere. Continuiamo a chiedere e a sperare che per domani questa commemorazione sarà cancellata.
D: Il Premio Nobel per la pace, l'attivista iraniana Narges Mohammadi, dal carcere di Evin non ha fatto mancare il suo supporto a chi chiede l'annullamento della cerimonia per Raisi. Ha usato parole forti, ha detto che così si "celebra il patibolo". Siete d'accordo? Quanto è pericoloso che un'organizzazione importante come l'Onu autorizzi e sostenga la commemorazione di un uomo che in vita si è macchiato di crimini contro l'umanità?
R: Siamo completamente d'accordo con il messaggio di Mohammadi. Paesi come Siria, Cina e Russia - alcuni dei meno democratici oggi al mondo - sono stati i primi a fare le condoglianze per la morte di Raisi. Direi che questo è un importante punto da cui far partire una riflessione. Sono complici del regime iraniano. Anche Hamas è andato in Iran per partecipare al funerale di stato di Raisi. Non saprei cosa altro aggiungere per far capire quanto è grave la situazione.
D: Dopo la morte del Presidente qual è la situazione in Iran? Il regime ha subito un duro colpo… Il popolo come vive questo scenario? Cosa ci si aspetta dalle prossime elezioni?
R: Il regime iraniano ora soffre un clima di grande instabilità a causa della morte del Presidente. Raisi ricopriva un ruolo fondamentale per la Guida Suprema. Tuttavia, il regime ha sempre dimostrato di avere grandi abilità nel raccogliere conferme dalla gente, nel far sembrare che manifestazioni o le partecipazioni alle elezioni siano fenomeni accolti con consenso dalla maggioranza del popolazione. Durante l'ultima elezione del Parlamento iraniano, nel secondo turno, il livello di partecipazione era bassissimo e lo ha confessato poi anche il regime.
Con la morte di Raisi il conflitto interno nel Paese è fortemente aumentato. Così come crescono le attività della rivolta e della resistenza. Possiamo vederlo nei video online, in cui ragazzi e ragazze iraniani bruciano le bandiere con la faccia di Raisi. Questi gesti forse per noi qui in Italia o in Occidente sono banali, ma in Iran sono atti di coraggio, che si tramutano in sentenze di morte.
Il popolo iraniano è pronto per la rivolta, ma la comunità internazionale deve cessare la politica di accondiscendenza verso il regime.