Meno di ventiquattro ore ci separano dall'apertura delle urne in Iran per le elezioni presidenziali indette dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi, l'analista geopolitico Nima Baheli spiega a Tag24 quale potrebbe essere il destino dello Stato mediorientale.
Per ora sono tante le incognite, tra tutte c'è l'affluenza che potrebbe essere molto bassa per via anche della sfiducia dei cittadini verso il regime. Dei quattro candidati rimasti, tre sono più vicini alle idee dell'ayatollah Khamenei, discorso differente per Pezeshkian - il candidato riformista. Quelle di domani tra l'altro saranno le prime elezioni presidenziali dopo le proteste per l'uccisione da parte della polizia religiosa di Mahsa Amini nel 2022.
Sono contrastanti i sentimenti degli iraniani che domani 28 giugno 2024 si recheranno alle urne. Da una parte c'è la volontà di cambiare e porre fine al regime teocratico, dall'altra invece c'è rassegnazione: molti pensano che al di là del risultato poco o nulla possa cambiare. Eppure gli scenari futuri in Iran dipenderanno anche da chi diventerà il capo di Stato nei prossimi giorni, non solo per le questioni interne ma anche per i rapporti esterni - soprattutto con l'Occidente. L'analista geopolitico Baheli racconta in esclusiva a Tag24 quanto sarà importante la giornata di domani per l'Iran.
D: Queste elezioni saranno veramente fondamentali per l’Iran? I pareri si dividono a riguardo…
R: "E' probabile, anche alla luce della lotta che da due anni si vede tra la popolazione iraniana a seguito della morte di Mahsa Amini e l'istituzione della Repubblica Islamica, che anche queste elezioni saranno caratterizzate da una bassa affluenza alle urne. Probabile che però il fatto che sia stato candidato Pezeshkian, ovvero un riformista, possa portare l'affluenza a essere più alta rispetto alle ultime elezioni che hanno registrato un tasso tra il 41 e il 48%".
"Il sistema della Repubblica Islamica punta a superare il 50%, ma non reputo che queste elezioni siano così fondamentali per il futuro assetto del regime in quanto, e questo è un elemento che molti iraniani criticano ed esplicitano, questi sei candidati - di cui fra l'altro due si sono ritirati ieri - sono stati vagliati dal Consiglio dei Guardiani che ha deciso chi potesse correre".
"Questo è un problema nelle elezioni della Repubblica Islamica. La popolazione lamenta da sempre di non poter esprimere il proprio voto per un candidato liberamente scelto".
D: Pezeshkian è una delle figure più interessanti di queste elezioni. Può rappresentare una 'rivoluzione istituzionale'? E come mai è stato scelto dal Consiglio dei Guardiani?
Pezeshkian già in precedenti tornate era stato difatti bloccato dal Consiglio dei Guardiani ed è questo che fa insospettire gran parte dell'opinione pubblica iraniana contraria o critica nei confronti della Repubblica Islamica. Alcuni pensano che Pezeshkian sia stato uno strumento ‘ricercato’ dalla Repubblica Islamica per cercare di aumentare l’affluenza alle urne".
"Sebbene riformista, Pezeshkian ha ribadito la sua fedeltà alla linea della Guida Suprema. Qualora venisse eletto comunque le linee chiave del sistema della Repubblica Islamica di fedeltà alla Guida Suprema rimarrebbero intatte".
"Le uniche differenze potrebbero essere sulla politica estera, nella quale per esempio Pezeshkian e Ghalibaf sono più interessati a poter riallacciare i rapporti con l'Occidente, mentre invece Jalili e Pourmohammadi sarebbero più critici. I primi due tra l’altro sono più favorevoli ad avanzamenti sui diritti delle donne, a differenza di Jalili e Pourmohamaddi".
D: C’è il rischio che la dittatura teocratica si trasformi in un regime militare un giorno?
"La galassia dei Pasdaran ha una fortissima influenza non solo militare ma anche economica e quantomeno tre dei quattro candidati attualmente rimasti in lizza hanno dei fortissimi legami con i Pasdaran".
"Ghalibaf e lo stesso Jalili hanno militato all'interno di questa organizzazione e oggi buona parte di essa li supporta per cui è verosimile che queste elezioni possano portare a un ulteriore tassello di questa galassia variegata dei Pasdaran nella sua acquisizione del potere".
"Bisogna però dire che il mondo dei Pasdaran è molto complesso. Non tutti sono indirizzati univocamente verso un candidato ed è questa per esempio una delle problematiche che si evidenzieranno in queste elezioni".
D: C’è il rischio, in caso di caduta del regime, di sfaldamento dello Stato iraniano?
"Non succederà. In queste elezioni dei quattro candidati rimasti abbiamo Pezeshkian che è di etnia azera e un altro candidato, Ghalibaf, è di etnia kurda. Sono i due candidati che potrebbero giocarsela per diventare presidente".
"E' vero che storicamente l'Iran ha una sorta di timore nei confronti di interferenze esterne che possano giocare su potenziali movimenti indipendentisti all'interno del Paese ma non credo che in questo momento storico possa accadere, soprattutto vedendo come negli ultimi due anni di proteste le varie etnie hanno mantenuto un legame con lo Stato pur criticando il sistema. Non ci sono pertanto possibili rischi di eversione da parte delle minoranze".
D: In caso di decesso dell’Ayatollah la teocrazia potrebbe finire o cambiare volto?
Sicuramente con la morte dell'attuale Guida Suprema, il sistema della Repubblica Islamica cambierà di faccia. Non a caso con la morte di Khomeini, ovvero la prima Guida Suprema e fondatore della Repubblica Islamica, il sistema si modificò in una versione un po' più aperta rispetto ai primi dieci anni in cui era molto più chiuso e molto più centralizzato.
Non è l'elezione del presidente della Repubblica che influirà sulla nomina della futura Guida Suprema, ma influirà l'assetto di un altro organismo che si chiama Assemblea degli Esperti, che è stato eletto a inizio anno nel corso delle duplici elezioni sia parlamentari che dell'Assemblea degli Esperti.
Questo è l'organismo che alla morte di una Guida Suprema o qualora non sia più in grado di agire, nomina la Guida Suprema successiva. E' quindi verosimile che da lì dentro verrà fuori il prossimo ayatollah.
D: Dopo le elezioni, in caso di vittoria di uno degli esponenti più vicini all’ayatollah, potrebbero esserci dei disordini o verificarsi manifestazioni?
R: "Io non escluderei la possibilità di un ballottaggio fra due candidati, per cui probabilmente domani non verrà eletto il Presidente. Qualora nelle elezioni si registri una bassa affluenza, reputo che non ci saranno problemi. Se ci sarà un’alta affluenza e una vittoria di Pezeshkian e si ripetesse la situazione che era avvenuta nel 2009 quando ci furono accuse di brogli ci sarebbero rischi di violenze e di sommosse".
D: In caso di vittoria di Pezeshkian, potrebbero riprendere le relazioni con l'Occidente? C’è una speranza di distensione con Israele?
R: "Per la prima volta in questi 45 anni nella Repubblica Islamica il presidente iraniano viene eletto più o meno in concomitanza con il presidente statunitense. Finora fra un presidente e l'altro passavano due anni e quindi spesso succedeva che i presidenti non riuscissero a dialogare l'uno con l'altro. Qualora venisse eletto Pezeshkian e a novembre venisse rieletto Biden non escludo che ci possano essere prospettive di riapertura dei rapporti con l'Occidente o del JCPOA".
"Al contrario, qualora venisse eletto Trump, potrebbero esserci problemi anche per Pezeshkian. Nel 2018 fu Trump ad uscire dall’accordo nucleare firmato nel 2015. Per quello che riguarda Israele, dato il periodo e l’assetto della repubblica islamica, ritengo non ci saranno cambi fino a che sarà viva la Guida Suprema".