Una prima origine del Carnevale di Fano si fa risalire al 1347, con l'allestimento del "Palio Carnevale". E' grazie allo storico Vincenzo Nolfi che si fa risalire la nascita alla riconciliazione tra la famiglia Guelfa, del Cassero, e quella dei Ghibellini. Citati anche dal Sommo poeta nella Divina Commedia, durante il periodo dei Malatesta, nel 1450, il festeggiamento è istituito da uno statuto. Una caratterista fondamentale, è l'abbattimento - per un giorno - delle barriere sociali, tra ricchi e poveri, il burlarsi del padrone è motivo di festa, e rivive ancora oggi nel genere di composizione satirico.
Testimonianza dell'importanza rivestita dal carnevale di Fano è la visita di dieci giorni di Giacomo III Stuart nel 1718. Nel 1872 viene fondata la "società delle fortune", oggi "Ente Carnevalesca", per gestire le attività del carnevale. Nel corso del tempo è aumentato il suo sfarzo tanto che nel 1888 acquisisce una connotazione simile a quella attuale: la sfilata. In questa occasione viene organizzato anche il primo corso mascherato, lo sviluppo continua fino al XX secolo. Nel 1951, invece, la parata viene spostata in viale Gramsci per permettere a più gente di parteciparvi.
Il periodo di svolgimento è Febbraio, prima della Quaresima, con un tempo di organizzazione che va dai quattro mesi ai quaranta giorni. I carri sono costituiti da una struttura in metallo, o legno, e ricoperti di cartapesta. Il lavoro è talmente elaborato e minuzioso da coinvolgere operai, scultori, artigiani e meccanici in una catena di montaggio di proporzioni elevate. I carri sono allegorici e il tema si ispira ogni volta ai personaggi noti in quel momento, spaziando dalla politica al sociale con connotati satirici.
Il primo giro è quello del Pupo in cui vengono presentati i carri, accompagnati da musica e danze. Il nome, in dialetto fanese "El pup"o "El vulon", deriva dal francese "nous voulons" probabilmente un richiamo al periodo dell'omonima dominazione del XIX secolo. Il Pupo è l'elemento simbolico del Carnevale, il sacro fantoccio a cui addossare tutte le colpe commesse durante l'anno: il capro espiatorio della comunità. È quindi l'inizio e la fine del Carnevale di Fano. Il martedì successivo alla fine delle sfilate, in piazza XX Settembre, viene simbolicamente bruciato sul rogo.
Una sorta di sacrificio propiziatorio per la gente del luogo e i partecipanti. L'ultimo carro è forse quello più caratteristico perché in antichità rappresentava la distinzione tra la fazione dei ricchi nobili, e quella degli artigiani, in cui ognuno suonava lo strumento più consono al proprio ceto sociale. Strumenti musicali nobili (flauti, arpe, violini) contro la Bidonata (oggetti di uso comune come caffettiere, bidoni, stoviglie, attrezzi vari) battono il tempo della Musica Arabita che governa l'ultimo carro. Questo tipo di musica, definita da Guido Piovene nel libro "Viaggio in Italia", il Jazz italiano, nasce dal Carnevale e da esso si alimenta.
Il maestro Enzo Berardi, scomparso nel 1990, fu una delle personalità di spicco, dedicò tutta la sua grande energia alla Musica Arabita, facendola diventare parte della sua personalità. Il secondo giro è quello del "Getto", dai carri vengono lanciati dolciumi di ogni tipo. In origine le zitelle lanciavano confetti come segno di disponibilità a trovare marito, e successivamente per molti anni un accordo con l'azienda Perugina ha promosso il lancio dei famosi "Baci perugina". Una collaborazione strategica, e vincente, tanto da stimolare la gente a raccogliere i dolciumi con ombrelli rovesciati.
A causa della loro pericolosità sono stati sostituiti nel 2015, con il "Prendigetto", un cono rovesciato in cartone, nato da un'idea del professore delle scuole medie di Fano, Paolo Del Signore. Il terzo, e ultimo, momento è quello della luminaria in cui i carri sfilano illuminati di luci colorate sotto il cielo notturno che, insieme ai particolari soggetti, contribuisce a far viaggiare i partecipati in ambientazioni fantastiche. Risate, ironia, energia e un pizzico di magia sono gli elementi fondanti di questo carnevale. Un evento che vale la pena di vedere almeno una volta nella vita per capire la profondità delle tradizioni di un paese marchigiano (Fano) tutto da scoprire.