Faceva caldo anche in quel mese di luglio del 1984 e Livorno era preso dalla febbre dell'arte quando scoprì nel Fosso Reale le teste dell'artista livornese Amedeo Modigliani. Ma erano false.
Il quotidiano della città, Il Tirreno, racconta quella storia che appassionò l'Italia intera. In sintesi ecco che cosa successe: Modì era tornato a Livorno da Parigi nell'estate del 1909, aveva preso in affitto uno studio dentro il Mercato delle Vettovaglie e si era messo a scolpire furiosamente. Ma quando aveva mostrato le sue opere fresche di scalpello agli amici artisti che lo presero in giro, non lo avevano capito. E lui, insoddisfatto e rabbioso, aveva buttato le sue opere nel Fosso Reale.
A questa leggenda aveva finito per credere l'amministrazione comunale livornese nel 1984 tanto che si era deciso di andarle a cercare nel fosso quelle opere che Modì aveva buttato via per poi esporle nelle celebrazioni del centenario della nascita di Modigliani. La draga si mise al lavoro a metà luglio. Il braccio della ruspa scavava sul fondo, tirava su vecchi carretti, biciclette. Cominciarono ad arrivare troupe televisive da tutto il mondo e il 24 luglio la benna tirò su una pietra e poi un'altra e dopo qualche giorno ancora un'altra. Erano pietre scolpite, volti. "Sono le teste di Modì" dissero molti dei maggiori critici d'arte di quel tempo gridando al miracolo.
Il "miracolo" durò fino a quando tre ventenni livornesi Pier Francesco Ferrucci, Michele Ghelarducci e Piero Luridiana, rivelarono di essere gli autori di una delle teste ripescate. L'avevano fatta in giardino con il Black & Daker e si erano fatti fotografare in posa con la pietra prima di andare a gettarla nel fosso così per il gusto di fare uno scherzo, convintissimi che se anche la gru l'avesse tirata su nessuno avrebbe creduto che fosse una vera scultura di Modigliani. Andarono in televisione e con il trapano fecero una testa di Modì. Livorno si confermò capitale dell'arguzia.