C'è tanta incertezza in vista delle prossime elezioni che si terranno negli Usa il 5 novembre 2024, dopo il ritiro del presidente Joe Biden sembra quasi certa la conferma di Kamala Harris come candidata del Partito Democratico alla Casa Bianca. L'ultima parola spetterebbe al Congresso dem che si terrà dal 19 al prossimo 22 agosto a Chicago ma sembra che il Partito sia d'accordo sulla nomina a Kamala Harris.
La 'scelta' ufficiosa di Harris ha avuto già un importante impatto sui sondaggi. La possibile candidata ha recuperato consenso portandosi a una distanza minore da Trump e non si esclude ora una rimonta da parte dei dem. La professoressa Raffaella Baritono, docente ordinaria di Storia e politica degli Stati Uniti presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Bologna, spiega a Tag24 quali potrebbero essere gli scenari in vista del voto di novembre.
La politica internazionale, come è sempre stato nelle elezioni presidenziali statunitensi, sarà al centro del dibattito politico tra Trump ed Harris. Si discuterà sicuramente delle due guerre in corso nell'Est dell'Ucraina ed in Medio Oriente, ma anche del rischio che la Cina invada Taiwan. Ci sono poi tanti fattori che potrebbero influenzare le preferenze nei confronti di Harris o di Trump e la data del 5 novembre nel frattempo si fa sempre più vicina. I prossimi cento giorni saranno decisivi per conoscere il prossimo inquilino della Casa Bianca.
Come si deve interpretare il ritiro di Biden?
"A questo punto, la decisione di Biden arriva dopo un periodo di tempo in cui si era aperto il dibattito dentro e fuori il Partito Democratico rispetto alla sua capacità di essere competitivo nei confronti di Trump. L’inadeguatezza per alcuni era apparsa evidente con il dibattito televisivo dello scorso 27 giugno. Si tratta di una decisione che, per certi versi, Biden ha dovuto prendere sull'onda delle forti pressioni. Queste pressioni arrivavano da dentro il partito, da parte dei donatori che avevano deciso di non finanziare più la sua campagna elettorale".
"C'è anche però la speranza di dare un'opportunità al Partito. Quindi non casualmente la narrazione successiva è quella del gesto patriottico, di un atto disinteressato da parte di Biden che ha anteposto l'interesse del Partito Democratico al suo personale. In realtà Joe Biden era assolutamente convinto che probabilmente non avrebbe avuto possibilità contro Trump visti anche i sondaggi".
Kamala Harris può battere Trump? Che stimoli porta nell'elettorato dem?
"Che possa battere Trump è da vedere, sicuramente il passo indietro di Biden e l'endorsement che ha fatto nei confronti di Kamala Harris, seguito da tutti i leader del Partito Democratico, lasciano pensare che lei sia la candidata più naturale tra i dem".
"Questo anche perché non sono emerse candidature alternative e quelle che potrebbero emergere non avrebbero la forza e la possibilità di essere competitivi nei confronti di una vicepresidente uscente che ha quindi una grande risonanza anche a livello nazionale e internazionale".
"Sicuramente Harris ha riaperto i giochi ed ha reso il Partito Democratico competitivo, cosa che invece non sembrava con la presenza di Biden. Naturalmente la campagna elettorale si giocherà in questi ultimi 100 giorni ma presenta ancora diverse incognite. A differenza di due settimane fa, il Partito Democratico può avere una chance. Non è certo che Kamala Harris riesca effettivamente a portare i dem alla vittoria".
Cosa potrebbe influenzare il voto nei prossimi cento giorni?
"Ci sono tanti fattori che possono intervenire. Bisogna vedere se ci saranno dei confronti diretti tra Kamala Harris e Trump, quale sarà la sua agenda politica, su quali temi lei metterà di più l'accento, che tipo di mobilitazione riuscirà a stimolare soprattutto negli Stati che sono in bilico, vale a dire quelli del Midwest, come Michigan, Wisconsin, Pennsylvania e per certi versi dell'Ohio".
Quali saranno invece le sfide della prossima presidenza degli Stati Uniti?
"Le questioni internazionali sono sempre il cuore di ogni agenda presidenziale per il ruolo che gli Stati Uniti hanno in un contesto estremamente fermentato e conflittuale come quello attuale. Non ci sono soltanto i due conflitti, quello in Medio Oriente e quello in Ucraina, ma tutta una serie di altre questioni che sono emerse dentro ad altri contesti che sono di interesse per gli Stati Uniti".
"Faccio riferimento a tutto quello che succede nell'area dell'Indo-Pacifico. La questione di Taiwan, i rapporti nel contesto asiatico e la competizione con la Cina sono importanti. Trump naturalmente usa un linguaggio molto assertivo, anche molto semplicistico, molto da leader quasi autoritario. In realtà, durante la sua presidenza la politica estera non ha deviato in maniera significativa se non su alcune questioni. Basti pensare all'accordo con l'Iran che doveva segnare la discontinuità con la presidenza Obama. Un conto sono le parole della campagna elettorale, un conto sono le realtà della politica interna e internazionale".
Come potrebbe evolversi il rapporto con la Cina a seconda di chi vincerà le elezioni?
"Il rapporto con la Cina è un molto complesso e ambivalente. Non può essere definito secondo quella che erano state le logiche di guerra fredda, come a volte emerge anche da un certo tipo di retorica e di dibattito. Questo anche per una serie di questioni che hanno a che vedere anche con le forti interdipendenze tra l'economia americana e quella cinese. Questa cosa che per esempio non esisteva negli stessi termini nel rapporto tra Unione Sovietica e Stati Uniti".
Che tipo di rapporto è?
"Si tratta di un rapporto complicato e di competizione soprattutto su determinate questioni. In primis il tema dell'innovazione tecnologica e tutto ciò che ha a che vedere con il mercato delle industrie high-tech. Gli Stati Uniti hanno considerato questo una prova della capacità e della superiorità dell'economia americana rispetto a quella degli altri Paesi. Sarà un "confronto-scontro" in cui probabilmente ci saranno momenti di tensione e altri in cui si apre un dialogo proprio perché non ci può essere la contrapposizione frontale che emerge della retorica di Trump".
"Sicuramente la Cina è emersa come il principale concorrente statunitense, sia nella prima presidenza Trump sia con la presidenza Biden. Da questo punto di vista potrebbero esserci più elementi di continuità che non di discontinuità con quello che è stato il trend seguito fino ad ora".
La vicepresidenza è un elemento importante negli ultimi quarant'anni: JD Vance quanto può essere una carta vincente? E chi sarà invece il vice di Harris?
"Sul vicepresidente dei dem non abbiamo sentito tanto perché la scelta di questa figura è del candidato alla presidenza. Harris dovrà selezionare il suo vice tenendo conto di una serie di fattori territoriali e non".
"JD Vance è stato scelto perché rappresenta quell'America bianca, rurale, che è risentita rispetto alle politiche portate avanti dal governo federale, sui temi dei diritti civili, sulle questioni razziali, sul tema della burocrazia e sul peso del governo federale. Vance rappresenta proprio questo cuore dell'America profonda che si era espresso con la presidenza Obama nel Tea Party Movement e poi aveva dato il consenso a Trump".
"Lo stesso in realtà ha fatto Biden scegliendo Kamala Harris come vicepresidente. Si tratta di una vice donna: un grande elemento di novità nella politica americana. Harris inoltre è metà giamaicana e metà indiana quindi appartenente alle minoranze: anche questo è un segnale forte".
Che profilo potrebbe avere il candidato alla vicepresidenza?
"Naturalmente Kamala Harris dovrà fare lo stesso tipo di ragionamento rispetto a quella che è la geografia elettorale. Harris dovrà scegliere un rappresentante di quegli Stati, cioè è possibile che sia espressione appunto del Midwest, di uno stato come Michigan, come l'Indiana o come l'Ohio, visto che lei è californiana e quindi deve controbilanciare".
"Potrebbe probabilmente anche optare per un uomo bianco. Questa scelta controbilancia il fatto che lei è espressione dell'America delle minoranze che viene vissuta anche come una minaccia da una parte della popolazione bianca".