Il 30 agosto, in oltre dieci regioni italiane, gli aspiranti docenti risultati idonei al concorso del 2020 scenderanno in piazza per manifestare la loro frustrazione per la decisione del ministero dell'Istruzione di limitare le assunzioni del personale docente a 45mila unità, nonostante gli oltre 65mila posti attualmente potenzialmente assegnabili perché vacanti.
Questi posti, infatti, non saranno assegnati perché rimarranno bloccati fino al 2025, data la precedenza che il ministero dovrà dare, in seguito agli impegni assunti a Bruxelles, ai vincitori dei concorsi legati al Pnrr e attesi nei prossimi mesi.
A spiegare a Tag24 il perché della protesta dei docenti idonei al concorso 2020, oggi rimasti fuori dai processi di assunzione a seguito della decisione del ministero dell'Istruzione di non rendere assegnabili oltre 20mila cattedre, Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL:
«La questione riguarda il concorso del 2020 il quale, in una prima fase, prevedeva l’immissione in ruolo solo per i vincitori e non una graduatoria per gli idonei, stabilita solo da una norma successiva.
Dal concorso del 2020 ad oggi, poi, è stato bandito un altro concorso, peraltro non ancora terminato. Attualmente, dunque, ci sono due graduatorie: una già pronta, relativa al 2020, e una che si sta costruendo.
L’elemento discriminante, che si pone a cavallo tra i due concorsi, è l’avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel quale il nostro Pase ha inserito, come milestone, la riforma del reclutamento scolastico e la messa in campo di tre concorsi entro il 2025, per un totale di 70mila assunzioni.
Ecco dunque il cuore del problema: oggi gli idonei del concorso del 2020 non possono essere assunti per dare precedenza ai vincitori dei concorsi legati al Pnrr».
La mancata immissione in ruolo degli idonei del concorso 2020 non scavalca però in nessun modo i diritti dei vincitori dei concorsi Pnrr. Come spiega Fracassi, infatti:
«Il ministero avrebbe potuto attribuire ai vincitori del concorso Pnrr una parte di posti, andando avanti nel frattempo con le nomine su gli altri posti disponibili, dando così la possibilità agli idonei del concorso 2020 di essere messi in ruolo. La strada percorsa dal ministero, invece, è stata quella di accantonare circa 20mila posti per un prossimo concorso che sarà bandito a ottobre».
Il punto, spiega la segretaria generale FLC CGIL, è che:
«Siccome sono previsti altri due concorsi, la condizione dei docenti idonei è di fatto congelata almeno fino al 2025. Fino a quel momento, infatti, verrà sempre data la priorità ai vincitori dei concorsi banditi con i fondi del Pnrr.
Quest'anno, in ogni caso, sarebbe stato possibile coprire tutte le cattedre, affidando i 20mila posti agli idonei del 2020 e attribuendo gli altri 45mila ai vincitori del concorso del Pnrr. Con questa decisione, invece, ben 20mila posti rimarranno non assegnati almeno fino al prossimo anno, quando forse andranno ai vincitori dei prossimi concorsi».
Per risolvere questa intricata situazione, la FLC CGIL ha proposto pertanto di attribuire oggi i posti vacanti agli idonei, in modo da assegnare tutte le cattedre, fermando nel frattempo le procedure per i due concorsi Pnrr mancanti:
«Quello che si potrebbe fare subito è attribuire i posti accantonati agli idonei del corso 2020, anche perché il primo concorso del Pnrr non è ancora terminato per varie lungaggini, tra le quali l’assenza di commissari. Fatto che, peraltro, non stupisce, dato che i commissari vengono pagati pochissimo.
Tornando al nostro discorso, il punto è che inutile bandire tra un mese un altro concorso quando non è ancora terminato quello precedente. Da qui la nostra richiesta al ministero di fermarsi prima di entrare in una dinamica per cui, il prossimo anno, i docenti del primo concorso Pnrr si troveranno contro i docenti del secondo concorso. Il tutto con i partecipanti del 2020 da mettere ancora in ruolo.
Nel frattempo, peraltro, ci si potrebbe dedicare alla stabilizzazione dei posti di sostegno, il cui fabbisogno, ogni anno, è stimato in 100mila unità».
Lo stop ai due restanti concorsi del Pnrr previsti, tuttavia, non è semplice. Per fermare le procedure, infatti, il Governo dovrebbe chiedere la revisione degli obiettivi concordati in sede europea per il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Seppur complicata, questa è tuttavia la strada che, secondo la CGIL, deve essere percorsa:
«Noi riteniamo, come abbiamo chiesto anche al ministro Valditara, che si debba rinegoziare questo impegno, come si è fatto qualche mese fa per mezzo Pnrr. Il ministro ci ha detto che avrebbe affrontato la questione con Fitto: in ogni caso, come Cgil scriveremo al desk italiano e alla Commissione europea per spiegare la stortura che questa milestone sta determinando».
L’intervista a Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL, è l'occasione per chiedere alla sindacalista un'opinione sull'efficacia del sistema concorsuale, dopo la riflessione lasciata a Tag24 da Antonello Giannelli, presidente di Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola (ANP), in occasione della sospensione di nomina di 519 presidi vincitori di concorso.
Secondo Giannelli, infatti il sistema concorsuale ha dimostrato in questi anni tutta la sua inefficacia, ottenendo solo l'effetto di dividere la categoria professionale. L'opinione, tuttavia, non è assolutamente condivisa dalla segretaria Fracassi:
«Noi contrastiamo fortemente la tesi di Giannelli e la possibilità che si arrivi al reclutamento diretto del personale tramite i dirigenti scolastici. Anche perché la sua proposta ignora la Costituzione, la quale prevede che i dipendenti pubblici siano assunti tramite procedura concorsuale.
Secondo noi si dovrebbero fare concorsi ogni due - tre anni, in base ai fabbisogni reali della scuola. Prevedere quante persone andranno in pensione e quante saranno le domande di iscrizione è infatti assolutamente possibile.
La precarietà e le difficoltà nascono non dai concorsi ma dal continuo cambio di regole. Tutti i ministri che si sono succeduti negli ultimi cinque anni, infatti, hanno cambiato i modelli esistenti, di fatto generando incertezza e problemi. Modalità certe, stabili negli anni, a cui gli aspiranti docenti possano far riferimento è quello che davvero servirebbe. Istituire il meccanismo di chiamata diretta, a mio giudizio, sarebbe non solo incostituzionale ma determinerebbe problemi e conflitti ben maggiori».
Relativamente al dibattito che per qualche ora ha animato i social dopo la proposta di Anief di aprire le scuole a ottobre per fare fronte ai cambiamenti climatici, la risposta di Fracassi è netta:
«Questo è davvero l’ultimo dei problemi della scuola italiana. Se qualcuno vuole guadagnarsi per 48 ore un po’ di pubblicità va bene, ma di questo si tratta. I problemi della scuola sono il precariato e gli stipendi del personale. Come organizzazione sindacale mi concentrerei su questo, non su questioni che creano un po' di dibattito per poi svanire».