La vicenda Open Arms, che vede coinvolto il vicepremier Matteo Salvini, iniziò in un caldo giorno d’estate del 2019. Era il primo agosto quando arrivò, da una nave di una Ong spagnola, la Open Arms, la richiesta di attraccare in un porto italiano per consentire lo sbarco di circa 150 migranti soccorsi nel Mediterraneo. Una richiesta che fu negata dal Governo italiano.
Quel giorno sarebbe iniziata una vertenza che, tra divieti, decreti annullati dal Tar, lettere aperte e scontri in maggioranza, si sarebbe conclusa solo 20 giorni dopo, il 19 agosto, con lo sbarco ad Agrigento dei circa 147 migranti.
Era l’agosto del 2019 e i rapporti all’interno dell’esecutivo del primo governo Conte erano già compromessi, quanto irrimediabilmente lo avremmo scoperto dopo poche settimane in una famosa spiaggia di Milano Marittima, il Papeete.
Ai microfoni di Gianluca Fabi e della trasmissione ‘5 Notizie’ di Radio Cusano Campus, l’ex ministra della Difesa del Governo Conte I, Elisabetta Trenta, ha ripercorso i fatti di quei giorni, che portarono poi alla decisione di ‘bloccare’ in mare la nave Open Arms.
Trenta ha spiegato anche le ragioni che la spinsero a rifiutare di firmare - nonostante quanto previsto dal Dl Sicurezza - il secondo divieto di ingresso per la nave in acque italiane, dopo che il primo era stato annullato da una decisione del Tar.
Per la vicenda Open Arms eravamo già in una fase di crisi del Governo. Salvini aveva vinto le Elezioni Europee e aveva cominciato ad assumere 'atteggiamenti particolari'. Diceva che voleva pieni poteri. Il Decreto Sicurezza bis era alla fine un decreto che era stato approvato da tutti e quindi era diventato legge e la legge si applica.
Racconta l’ex ministra della Difesa che spiega così anche il motivo per cui appose, seppur controvoglia, la propria firma al primo divieto. Firma che rifiutò di apporre, successivamente, al secondo provvedimento.
Il Decreto sicurezza bis richiedeva la firma anche da parte mia, in quanto ministro della Difesa, e del Ministro Danilo Toninelli, per le relative competenze che, nel mio caso, erano verificare che la nave non fosse una nave militare come nel caso Diciotti. Rifiutai di apporre la firma al secondo provvedimento, e prima di rifiutare decisi di inviare la Marina perché avevamo ricevuto un’informativa del Tribunale dei Minori che diceva che c’erano molti minori a bordo, tra cui anche due neonati di nove mesi. Matteo Salvini inizialmente si rifiutava di farli scendere. Purtroppo il trasbordo fu impossibile perché le condizioni del mare non lo permisero. Ovviamente avevo avvisato sia Giuseppe Conte, sia il vicepresidente Di Maio, ma lo avrei fatto comunque anche se mi avessero detto di no.
Un racconto da cui emerge tutta la drammaticità di quei momenti e la profonda spaccatura che, ormai, si era creata all’interno del Governo.
E’ di quei giorni anche la lettera aperta del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al titolare del Viminale, in cui criticava la gestione della vicenda.
Il Tar è intervenuto e ha annullato il primo decreto Open Arms perchè i migranti a bordo vivevano in condizioni pesanti e perché andava contro tutte le regole dei diritti umani. A quel punto Salvini reiterò il decreto e così io decisi di non firmarlo.
Ha spiegato l’ex titolare del dicastero della Difesa.
Dopo pochi giorni la vicenda si concluse con lo sbarco dei migranti ad Agrigento e si aprì un nuovo versante, quello giudiziario che è cronaca di questi giorni.
Rispondendo alla domanda sul processo al Ministro Matteo Salvini, Elisabetta Trenta dice di augurarsi che non venga condannato, ma, allo stesso tempo di sperare che la vicenda, e la richiesta di condanna avanzata, possano essere da monito affinché si comprenda che ‘l’esercizio dei poteri’ non può esulare dal rispetto delle norme nazionali e internazionali.
Io credo che i Cinquestelle avrebbero dovuto fermare prima che si arrivasse a certi livelli. Spero che non venga condannato, perché forse pensava veramente di stare facendo tutto per difendere i confini anche se non erano sua competenza. Io spero che non sia condannato, ma che questa proposta fatta dal pubblico ministero sia esemplare per ribadire che nessuno può esercitare i propri poteri al di fuori della normativa dello Stato e delle norme internazionali che ci guidano.
Conclude l’ex ministra della Difesa del governo Conte I, Elisabetta Trenta.