Doveva essere l'incontro definitivo per il destino del settore automobilistico italiano e, in effetti, le risposte sono arrivate. Tuttavia, a giudicare dalle reazioni e dai toni belligeranti dei partecipanti, non sono quelle che ci si aspettava. L'audizione alla Camera del Ceo di Stellantis Carlos Tavares ha scatenato la delusione e l'indignazione dei suoi interlocutori politici, a partire da Carlo Calenda, che non ha mancato di contestare le parole dell'amministratore delegato durante l'acceso confronto.
Al termine dell'audizione, è soprattutto l'opposizione ad alzare la voce contro un intervento considerato del tutto inaccettabile per l'assenza di prospettive chiare, giudicata addirittura offensiva da molti dei presenti.
Oltre al leader di Azione, hanno espresso il proprio disappunto anche Elly Schlein e Giuseppe Conte, che non hanno mancato di far notare le responsabilità del governo per la grave situazione in cui versano Stellantis e i lavoratori del gruppo.
Tre ore di audizione non sono bastate oggi, 11 ottobre 2024, al Ceo di Stellantis per tranquillizzare politica e sindacati italiani circa il futuro di quella che è la prima fabbrica italiana, cui fanno riferimento prestigiosi marchi italiani come Fiat, Alfa Romeo, Lancia e Maserati. Tutt'altro, man mano che passavano i minuti si è fatta sempre più evidente la sensazione che l'incontro stesse prendendo una piega pessima.
Idea purtroppo confermata dall'intervento del Ceo di Stellantis.
Tavares ha dichiarato che Stellantis non intende abbandonare l'Italia, parlando di "un piano per tutti i siti produttivi", salvo poi sottolineare le difficoltà della produzione di veicoli elettrici nel nostro Paese, dovuta a un costo dell'energia superiore "del 40%" rispetto alla concorrenza. Un dato, questo, che lo ha spinto a chiedere "regole certe" e "notevoli incentivi" all'acquisto, attraverso un intervento dello Stato.
Non una parola sui lavoratori di Mirafiori, costretti in cassa integrazione per uno stop produttivo che andrà avanti fino a novembre. A questo si deve aggiungere anche la marcia indietro sull'obiettivo di produrre 1 milione di auto in Italia, sostituito da "1 milione di clienti che devono essere messi in condizione di acquistare vetture con un costo accessibile". In altre parole: con incentivi finanziati dallo Stato.
Affermazioni che hanno deluso fino all'irritazione gli esponenti delle opposizioni, con Elly Schlein che ha denunciato i "segnali di disimpegno" emersi dalle affermazioni di Tavares, e Giuseppe Conte che è arrivato a definirlo "un commissario liquidatore".
Ma le parole più dure sono quelle pronunciate davanti ai cronisti, tra cui Lorenzo Brancati di TAG24, da Carlo Calenda. Proprio lui che aveva esultato alla notizia che Stellantis venisse a riferire in Parlamento sui suoi investimenti in Italia, ha criticato aspramente l'intervento di Tavares parlando di "una presa in giro".
Per il leader di Azione la situazione è "drammatica" con una crisi che oggi si è aperta formalmente e sulla quale occorre intervenire. Ha rivendicato, in questo senso, la compattezza ritrovata delle opposizioni sulla mozione riguardante le politiche industriali del settore, chiedendo quindi un confronto al governo:
Per Calenda serve unità tra governo e opposizione per costringere Stellantis "a prendere impegni scritti".
Non è chiaro se il Movimento 5 Stelle sia d'accordo o meno su questa prospettiva, sebbene la contrarietà e il disappunto verso le posizioni di Tavares siano emerse con forza anche da parte dei pentastellati.
Lo conferma Chiara Appendino che, senza mezzi termini, ha parlato di un Tavares "offensivo" per non aver detto una parola in difesa dei lavoratori. L'ex sindaca di Torino lo ha accusato di aver presentato non un piano di transizione ma uno "di dismissione e di smantellamento". Perché a nulla servono le garanzie di non voler chiudere gli stabilimenti, se poi non si fanno investimenti:
Come Calenda, anche Chiara Appendino ha chiesto che sia ora il presidente del gruppo Stellantis, John Elkann, a riferire in Parlamento, così da pretendere da lui quelle "rassicurazioni, investimenti, tutele dei lavoratori e delle lavoratrici" chieste a gran voce dagli esponenti delle opposizioni.
Impegni precisi invocati anche da Antonio Misiani, responsabile Economia e Finanze, Imprese e Infrastrutture del Partito democratico. Anche lui ha definito l'incontro "deludente e insoddisfacente", a fronte di un drammatico crollo della produzione, "ridotta del 32% nei primi nove mesi dell'anno".
Come Carlo Calenda, Misiani ha sottolineato il valore della mozione delle forze di opposizione, che ha come obiettivo di spingere il settore automobilistico italiano verso "una transizione giusta". Un proposito che, però, necessita di "politiche industriali" che chiamano in causa il colosso dell'automotive e le garanzie che deve dare al Paese in merito alle produzioni da riportare in Italia e, soprattutto, il futuro dei lavoratori e delle lavoratrici. Garanzie del tutto assenti nell'audizione di oggi di Tavares.