Set fermi, produzioni bloccate e lavoratori a casa. Lo scenario dell'audiovisivo italiano degli ultimi mesi è drammatico e a poco o nulla sono servite le grida di protesta e le richieste di ascolto di un settore abbandonato a se stesso dalle decisioni dell'ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Un panorama ancor più desolante nel momento in cui si fanno i conti con il vigore che lo aveva preceduto. Oggi, 15 ottobre 2024, è stato presentato infatti il VI Rapporto dell’Audiovisivo, relativo al 2023, alla presenza di alcuni dei più importanti operatori del mercato cinematografico e televisivo italiani e di esponenti delle istituzioni, a partire dalla sottosegretaria con delega al cinema del ministero Lucia Borgonzoni.
I numeri presentati illustrano un contesto di crescita diffusa sotto tutti gli aspetti, dalla produzione alla distribuzione fino all'occupazione. Cifre che danno il senso compiuto delle possibilità che sono state sprecate in questi mesi di vuoto legislativo e di colpevole silenzio.
La matematica, del resto, non è un'opinione e mostra chiaramente un settore che lo scorso anno godeva senza alcun dubbio di buona salute. Alcuni numeri forniti dall’Associazione Produttori Audiovisivi (Apa) parlano chiaro:
Una crescita ancor più rilevante, se si considerano le difficoltà dovute alla faticosa ripresa post-pandemia.
Un patrimonio che, in questo 2024, rischia di esser andato disperso a causa dei ritardi nello sblocco dei finanziamenti e nell'emanazione dei decreti attuativi, come denunciano da tempo i lavoratori del settore, in una protesta arrivata fino all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove Nanni Moretti invitò ad una protesta più incisiva verso le scelte del ministero.
Le speranze sono ora riposte nel nuovo ministro Alessandro Giuli che, però, nelle sue esternazioni pubbliche sull'argomento, è sembrato finora confermare la linea promossa dal suo predecessore.
Una continuità confermata anche dall'aver lasciato le deleghe sul cinema alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni, carica ricoperta durante il governo Conte I (2018-2019) e poi dal 1 marzo 2021, prima nell'esecutivo guidato da Mario Draghi, poi nell'attuale presieduto da Giorgia Meloni.
È lei stessa a dichiarare, all'inviato di TAG24 Thomas Cardinali, di avere "tante affinità con Giuli" e che il cinema "è una di queste", spiegando che le deleghe le sono state lasciate proprio perché il neo ministro "condivide totalmente la linea che sto portando avanti".
Guardando, poi, al futuro, Borgonzoni annuncia di aver iniziato a lavorare "a un tax credit che diventi strutturalmente infinito per quanto riguarda l'attrazione di capitali stranieri" e, quando le viene chiesto se la prossima manovra finanziaria potrebbe prevedere tagli al settore, fa una promessa:
Di certo una buona notizia, soprattutto dopo i tagli voluti dal ministro Sangiuliano lo scorso anno, che per molti sembravano figli di un risentimento quasi personale contro il cinema italiano.
Sarà cambiato anche questo con l'arrivo di Giuli? Sembra confermarlo Chiara Sbarigia, presidente di Apa, quando sottolinea la grande passione per la Settima Arte del nuovo titolare del dicastero della Cultura, spiegando come il dialogo con lui sia iniziato "immediatamente", anche grazie alla conferma di Lucia Borgonzoni come sottosegretaria "con cui l'industria è abituata a confrontarsi da tempo".
Sbarigia cita con toni entusiastici i dati del settore, soffermandosi in particolare sull'apertura al mercato internazionale grazie all'aumento delle co-produzioni. Un risultato fondamentale per l'industria poiché, da un lato, "portano i nostri contenuti anche nel resto del mondo" e, dall'altro, aumentano "il valore dei nostri talent".
Cita, a questo proposito, i casi di "Emily in Paris", la cui quarta stagione da poco approdata su Netflix è ambientata a Roma, e "Citadel: Diana", girata tra l'Italia e la Svizzera, con grande protagonista Matilda De Angelis.
Esempi perfetti per segnalare la vitalità di un'industria in evidente fermento. Peccato che facciano riferimento a un quadro che appartiene ormai a diversi mesi fa. Le riprese romane della quarta stagione della commedia romantica di Netflix si sono svolte, infatti, all'inizio di quest'anno mentre per quelle di "Citadel: Diana" bisogna risalire addirittura all'ottobre 2022, data del primo 'ciak'.
Un'altra epoca, dunque, per l'audiovisivo italiano. La speranza è di non doverla rimpiangere ancora a lungo.