Cessate il fuoco a Gaza, le ricadute politiche per Netanyahu
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si trova a dover affrontare una grave crisi politica ancor prima che l'accordo di cessate il fuoco con Hamas venga ratificato dal suo governo. L'intesa, frutto della mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto, offre una possibile soluzione a un conflitto durato 15 mesi, ma ha provocato profonde divisioni all'interno della fragile coalizione che sostiene Netanyahu. I partiti di estrema destra, fondamentali per garantire la maggioranza parlamentare, minacciano di abbandonare il governo se il cessate il fuoco non verrà revocato. Questo scenario sta mettendo a rischio la leadership di Netanyahu, complicandone la posizione prima ancora che l'accordo venga ufficialmente approvato.
Netanyahu "minacciato" dai partiti di estrema destra
Le tensioni politiche si sono manifestate subito dopo l'annuncio del cessate il fuoco. Itamar Ben-Gvir, ministro della sicurezza nazionale e leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit (Potere ebraico), ha dichiarato che il suo partito si ritirerà dalla coalizione se l'intesa sarà approvata. Anche se il partito controlla solo sei seggi sui 120 della Knesset, la sua defezione ridurrebbe la maggioranza parlamentare di Netanyahu da 68 a 62 seggi. Ben-Gvir ha definito il cessate il fuoco una "resa" ad Hamas, evidenziando le profonde differenze ideologiche nella coalizione.
Un altro leader critico è Bezalel Smotrich, capo del partito Religious Zionism, che dispone di sette seggi. Smotrich ha minacciato di uscire dal governo se Netanyahu proseguirà oltre la prima fase del cessate il fuoco, che prevede una tregua di sei settimane durante la quale Hamas dovrà rilasciare 33 ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi, mentre le forze israeliane si ritireranno dalle zone densamente popolate di Gaza. Smotrich e Ben-Gvir, tuttavia, chiedono che le operazioni militari continuino fino alla completa eliminazione di Hamas e all'estensione del controllo israeliano su Gaza. La loro rigida opposizione contrasta con gli obiettivi più ampi dell'accordo, che mira a ridurre le tensioni e facilitare una de-escalation del conflitto.
Nel breve termine, Netanyahu potrebbe riuscire a mantenere il controllo sulla sua coalizione, ma il crescente malcontento tra i suoi partner di estrema destra rappresenta una minaccia significativa alla stabilità del suo governo. La prima fase del cessate il fuoco, che prevede una tregua temporanea e lo scambio di ostaggi, dovrebbe partire a breve. Tuttavia, anche se il governo riuscisse a superare questa fase iniziale, la questione di una tregua permanente potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile, rischiando di mettere definitivamente in crisi la leadership di Netanyahu.
Netanyahu si trova di fronte a un bivio cruciale: garantire la sua sopravvivenza politica assecondando le richieste dei suoi alleati di estrema destra, prolungando il conflitto, oppure perseguire il cessate il fuoco con Hamas, rischiando di perdere il sostegno di questi partner fondamentali. La decisione è particolarmente delicata, considerando che il primo ministro è già coinvolto in un processo per corruzione che ha ulteriormente complicato la sua posizione politica. Come osserva il New York Times, "le elezioni riguardano una storia", e il destino politico di Netanyahu potrebbe dipendere dalla sua abilità nel bilanciare le esigenze di una fragile coalizione con l'obiettivo di stabilire una tregua duratura.
Le ricadute sul piano internazionale
Secondo alcuni analisti, Netanyahu potrebbe preferire cogliere un'opportunità geopolitica più ampia piuttosto che puntare esclusivamente alla stabilità interna. Moshe Klughaft, ex consigliere strategico di Netanyahu, ha suggerito che il primo ministro potrebbe optare per una soluzione diplomatica che favorisca relazioni più strette con l'Arabia Saudita. In questo scenario, il cessate il fuoco potrebbe rappresentare una mossa strategica per migliorare la posizione di Israele nella regione, soprattutto grazie al sostegno degli Stati Uniti. Klughaft ha dichiarato al New York Times che Netanyahu potrebbe preferire costruire legami con l'Arabia Saudita e consolidare la sua posizione elettorale, piuttosto che cedere alle pressioni di leader come Smotrich e continuare il conflitto.
Oltre alle sfide interne, Netanyahu deve anche gestire il delicato equilibrio del rapporto con la nuova amministrazione Trump. Gli Stati Uniti hanno sostenuto Israele durante il conflitto, e il presidente eletto Donald Trump è determinato a vedere una risoluzione della guerra. Un allineamento con Trump potrebbe offrire a Netanyahu non solo un sostegno militare, ma anche un'opportunità per negoziare un accordo di pace più ampio, che includa relazioni diplomatiche ufficiali con l'Arabia Saudita. Se riuscisse a realizzare un accordo di tale portata, Netanyahu rafforzerebbe non solo la sua eredità politica ma anche la posizione di Israele nella regione, in particolare contro rivali come l'Iran.
Il New York Times ha inoltre evidenziato che l'accordo di cessate il fuoco in discussione ricorda quello proposto dal presidente Biden all'inizio del 2024. Questo parallelismo con la politica statunitense potrebbe garantire a Netanyahu un sostegno internazionale cruciale per affrontare le divisioni interne. Tuttavia, la capacità del primo ministro di navigare attraverso queste pressioni opposte sarà determinante. Se decidesse di perseguire il cessate il fuoco, potrebbe aprire la strada a importanti successi diplomatici, ma al prezzo di rischiare la disgregazione della sua coalizione politica.
Il dilemma di Netanyahu
Al centro del dilemma politico di Netanyahu si trova la necessità di conciliare il mantenimento del potere con le esigenze della sicurezza nazionale. Decidere di sostenere il cessate il fuoco potrebbe comportare la perdita dell'appoggio di alleati cruciali nella sua coalizione, con il rischio di far crollare il governo. D'altra parte, rifiutare il cessate il fuoco potrebbe allontanarlo dalla comunità internazionale, rendendolo sempre più dipendente dai suoi partner di estrema destra, favorevoli a una prosecuzione dell'offensiva militare su Gaza senza compromessi.
Il destino politico di Netanyahu appare sempre più fragile. Come evidenziato dal New York Times, il primo ministro potrebbe decidere di interrompere la seconda fase dell'accordo qualora Hamas non rispettasse i termini, oppure potrebbe scegliere di proseguire le operazioni militari per mantenere unita la coalizione. Tuttavia, c'è anche la possibilità che Netanyahu dia priorità a opportunità diplomatiche di più ampia portata, come una possibile normalizzazione delle relazioni con l'Arabia Saudita, mettendo in secondo piano le richieste dei suoi alleati più rigidi.
Le decisioni di Netanyahu saranno determinanti per il futuro dell'accordo di cessate il fuoco e della sua leadership. La strada che sceglierà non influenzerà soltanto la situazione a Gaza, ma anche la direzione della sua carriera politica. Le prossime settimane saranno decisive per stabilire se il primo ministro riuscirà a superare le difficoltà o soccomberà alle pressioni crescenti.