Ha preso il via oggi, 17 febbraio 2025, in un'aula della Corte d'Assise di Bologna, il processo per l'omicidio di Sofia Stefani, la 33enne uccisa ad Anzola dell'Emilia dall'ex collega e amante 63enne Giampiero Gualandi, nel maggio 2024.
In aula erano presenti i genitori della vittima, ammessi come parti civili insieme al fidanzato della giovane e al Comune teatro della tragedia. Non c'era, invece, l'imputato, difeso dagli avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli e attualmente ai domiciliari.
In mattinata, cinque associazioni in difesa delle donne - Udi, Casa delle donne, Sos Donna, Mondo Donna e Associazione Malala - avevano chiesto di costituirsi parte civile. Dopo aver deliberato in camera di consiglio, la Corte, presieduta da Pasquale Liccardo, ha rigettato la loro richiesta.
Il motivo? Non sarebbero emersi i presupposti necessari.
hanno dichiarato in aula i giudici. Mancherebbe, infatti, secondo loro, "qualsiasi riferimento alla lesione della sfera di autodeterminazione della donna, ad atti di maltrattamento, discriminazione, prevaricazione o ad atti tipici della violenza di genere". Lo riporta Il Resto del Carlino.
Gualandi è accusato di omicidio volontario pluriaggravato. Secondo le ricostruzioni, il 16 maggio di un anno fa, uccise, sparandole al volto, la 33enne Sofia Stefani all'interno della "Casa gialla" di Anzola dell'Emilia, sede della polizia locale.
Sembra che i due avessero avuto una relazione extraconiugale e che Stefani - all'epoca fidanzata - non avesse accettato il fatto che lui l'avesse lasciata per concentrarsi sulla sua famiglia. Quel giorno, lo avrebbe chiamato 15 volte.
Poi si sarebbe presentata sul posto di lavoro, dove si erano conosciuti quando ancora, anche lei, faceva la vigilessa. Nel corso del loro incontro, la tragedia. Gualandi - che quel giorno, secondo i colleghi, non avrebbe avuto alcun motivo di avere con sé l'arma - dichiarò fin da subito di averla colpita per errore durante un'accesa lite.
Dalle indagini è emerso però che l'uomo ritirò l'arma dall'apposita cassetta di sicurezza circa mezz'ora prima dell'arrivo della donna. Da qui l'ipotesi, sostenuta dall'accusa, rappresentata dalla pm Lucia Russo, che possa aver premeditato l'omicidio, per poi inscenare una colluttazione.
Al momento il 63enne si trova ai domiciliari, con l'obbligo di indossare il braccialetto elettronico. Sebbene il Riesame abbia annullato il provvedimento di scarcerazione emesso dal gip, in attesa del pronunciamento della Cassazione - a cui la difesa ha fatto ricorso -, la misura è sospesa.
L'accusa ritiene che sia ancora pericoloso e che potrebbe, dunque, tornare a "colpire", anche se, secondo il giudice, quando commise il delitto, si trovava in preda a un "forte stress". In dei messaggi precedenti all'omicidio, scriveva: "Non vivo più", Sono esausto", "Non reggo più", Non sopporto più questa pressione".
"Gualandi manipolò Sofia approfittando del proprio ruolo e della propria esperienza, mentendole costantemente anche sul suo presente e futuro lavorativo", ha dichiarato oggi, secondo il Carlino, l'avvocato Andrea Speranzi, che assiste i familiari della 33enne.
"Sofia era molto generosa, molto dedita al lavoro che le è costato la vita", aveva detto invece il padre nel giorno dei suoi funerali ad Anzola. "Era una ragazza dolce, buona, che aveva cura degli altri. Ha indossato la divisa sempre con grande entusiasmo", gli aveva fatto eco la madre.
"Parlava con tutti, era amica di tutti, era felicità e allegria per me", le parole del fidanzato. Ora insieme tutti chiedono a gran voce giustizia.
Il servizio mandato in onda dopo il funerale da Bologna Today - 6 giugno 2024.