Netflix ci ha appena fatto l’ennesimo regalo tossico (in senso affettivo, eh): una nuova stagione di Come vendere droga online (in fretta). Ed è un concentrato di adrenalina, codice binario e disastri sentimentali. Altro che Red Bull: qui siamo più vicini a un espresso ristretto in vena durante una maratona di hacking notturno.
Se ti sei perso l’inizio perché troppo impegnato a scrollare TikTok: la serie è basata su una storia vera (giuro, documentata e tutto) di un liceale che ha costruito un impero della droga… dal salotto di casa. In pigiama. Davanti al PC. Con un Wi-Fi decente e tanto spirito imprenditoriale. Sì, è un po’ come se Mark Zuckerberg avesse preferito le anfetamina agli status di Facebook.
MyDrugs è ancora sulla cresta dell’onda?
Domanda legittima: Moritz e i suoi soci sono ancora i Bezos della droga online o hanno perso il pacco (e pure la password)? Niente spoiler grossi, ma sappi che tornano con più problemi di un gruppo
WhatsApp scolastico: FBI che bussa, hacker che sniffano dati, ex-fidanzate vendicative e server che vanno giù più spesso della linea Wi-Fi in classe. E se ti aspettavi che le cose si calmassero… illuso. Gli autori ci regalano ancora dialoghi brillanti, citazioni nerd da applausi e un algoritmo impazzito che, onestamente, sembra uscito da un attacco di panico collettivo.
Più adrenalina, meno liceo. La serie cresce, si scurisce e diventa ancora più coinvolgente. I protagonisti sono più grandi (almeno anagraficamente), e il tono si fa più maturo - tipo quando scopri che esistono le bollette. Non mancano le gag assurde, le citazioni pop e quella sensazione costante di
Non è proprio una roba da tutti i giorni imbattersi in una serie che riesce a mischiare traffico di droga, criptovalute e drammi adolescenziali con la leggerezza con cui tu racconti quanto sei distrutto prima delle 9 del mattino. Anzi, forse lo fa pure meglio: con più stile, più sarcasmo e decisamente meno caffeina.
Come vendere droga online (in fretta) non è solo una serie: è tipo una lezione di educazione civica tenuta da un meme vivente. È un esperimento sociale travestito da teen drama, una satira sul capitalismo digitale con dentro più risate amare che nei commenti ai post sui boomer.
Ti prende per mano e ti porta a fare un giro nel lato oscuro della digitalizzazione, tra i personaggi talmente realistici da sembrare usciti dalla tua classe di quinta, e una regia che sembra il figlio illegittimo tra TikTok e un video di montaggio fatto alle 3 di notte, caffeina a fiumi e una playlist lo-fi in sottofondo.
Se non hai ancora visto l’ultima stagione, allora fermati subito: niente spoiler, ma ti stai perdendo un concentrato di assurdità geniale con più colpi di scena di un gruppo Telegram del liceo.
Fatti un favore: prendi le patatine, spegni le notifiche e lanciati nel caos digitale di Moritz & Co. Ti farà ridere, riflettere e magari ti convincerà pure ad aggiornare la password del Wi-Fi di casa. E piccolo memo di sopravvivenza: non emulare nulla, mai. A meno che tu non abbia un debole per gli interrogatori davanti a un monitor.
Limitiamoci a spacciarci per esperti di darknet nelle chiacchiere di aperitivo, che già cosi sembriamo usciti da una puntata bonus.
A cura di Nicoletta Urbinati