03 May, 2025 - 11:00

Via Caravaggio, Napoli: storia di una strage rimasta (dopo tanti anni) senza colpevole

Via Caravaggio, Napoli: storia di una strage rimasta (dopo tanti anni) senza colpevole

Tante indagini, un processo, nessun colpevole. La strage di via Caravaggio, avvenuta a Napoli nel 1975, è ancora oggi uno dei casi più controversi della cronaca nera italiana. Per capire perché - e ricostruire tutta la storia - dobbiamo fare un passo indietro. 

8 novembre 1975: la scoperta della strage di via Caravaggio

È la mattina dell'8 novembre 1975 quando polizia e vigili del fuoco entrano in un appartamento al quarto piano di via Caravaggio 78, nel quartiere Fuorigrotta di Napoli, scoprendo i corpi senza vita di Domenico Santangelo, 54 anni, capitano di marina mercantile in pensione, della sua seconda moglie Gemma Cenname, 50 anni, ostetrica e insegnante, e della figlia Angela, 19 anni. Anche il cane di famiglia, Dick, è morto. 

I corpi dei due adulti sono distesi nella vasca da bagno; quello della giovane sul letto della camera matrimoniale, avvolto in una coperta. La scena è disordinata. Subito gli inquirenti parlano di omicidio. La mancanza di un movente certo e il mancato ritrovamento delle armi usate dal killer, un corpo contundente e un coltello, non fanno che aggiungere inquietudine. L'intera città di Napoli, scossa dagli eventi, chiede verità.

Le prime indagini e i sospetti su Domenico Zarrelli 

Le indagini partono subito serrate. I pochi elementi rinvenuti sulla scena del crimine permettono di stabilire che la mattanza è avvenuta tra le 22 e le 5 della notte tra il 30 e il 31 ottobre. È probabile che a un certo punto sia stato Domenico Santangelo ad aprire la porta di casa all'assassino, forse per riceverlo nel suo studio, situato a pochi passi dall'ingresso.

Nessuno, tra i residenti della palazzina, sembra però aver sentito qualcosa di sospetto. La svolta arriva pochi giorni dopo, quando un testimone riferisce di aver visto "un uomo di corporatura robusta" lasciare via Caravaggio a bordo della Lancia Fulvia color amaranto di Santangelo, la notte dell'eccidio. Chi c'era a bordo?

Nel mirino degli inquirenti finisce Domenico Zarrelli, nipote 30enne della vittima Gemma Cenname. Le ragioni non sono solo legate a vecchi screzi familiari, ma anche ad alcune ferite alle mani (che l'uomo giustifica con una caduta avvenuta pochi giorni prima, mentre spingeva la sua auto in panne). 

Una vecchia puntata di "Blu Notte", trasmissione di Carlo Lucarelli, sulla strage.

Il lungo iter processuale, fino all'assoluzione

Zarrelli si proclama innocente, ma viene presto arrestato e rinviato a giudizio. Il 9 maggio 1978, il giudice di primo grado, ritenendo che gli indizi raccolti a suo carico siano sufficienti a riconoscerlo colpevole del triplice omicidio, lo condanna all'ergastolo.

Secondo lui, potrebbe aver compiuto la mattanza dopo il rifiuto, da parte della zia, di accordargli un prestito. Una conclusione diversa rispetto a quella della Corte d'Appello, che nel 1981, infatti, lo assolve "per insufficienza di prove". Dopo l'annullamento della sentenza da parte della Cassazione, nel 1985 arriva l'assoluzione definitiva in Appello bis.

Zarrelli - che durante il lungo e tortuoso iter processuale era stato difeso dal fratello, Marco, e che in carcere si era laureato in giurisprudenza - viene liberato, ottenendo anche un risarcimento per danni morali e materiali di circa un milione e 400 mila euro.

Riapertura del caso, nuove tracce e interrogativi aperti

Nel 2011, su impulso di un esposto presentato da vari professionisti, il caso della strage di via Caravaggio viene riaperto. Le nuove indagini si concentrano principalmente su alcuni reperti: quattro mozziconi di sigaretta e uno strofinaccio da cucina intriso di sangue. 

Su di essi vengono rilevati profili compatibili con quello dell'originario imputato, Domenico Zarrelli. I giornali parlano già del principio di legge del "ne bis in idem", secondo cui una persona assolta con sentenza definitiva non può essere nuovamente processata per lo stesso reato.

Si scopre, poi, che i reperti analizzati non erano stati conservati, forse, nel modo adeguato. Inoltre, anche le modalità di prelievo del Dna di Zarrelli erano state poco trasparenti. Alla fine, nel 2015, il caso viene archiviato.

"A fronte della assoluta inaffidabilità degli esiti investigativi - sottolinea la gip Livia De Gennaro nelle motivazioni - l'unico dato incontrovertibile e certo è costituito dalle sentenze passate in giudicato che hanno assolto Zarrelli ritenendolo estraneo ai fatti di via Caravaggio...".

Oggi, a distanza di cinquant'anni, la strage resta quindi senza un colpevole, come il controverso caso Montesi

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