Veronica Pivetti, nota attrice e conduttrice italiana, ha raccontato pubblicamente la sua difficile esperienza con una malattia che l’ha segnata profondamente: una forma di depressione durata circa sei anni, scaturita da un problema di salute fisica legato alla tiroide.
La sua testimonianza, raccolta anche nel libro Ho smesso di piangere, rappresenta un importante contributo per abbattere i tabù che ancora gravano sulle malattie mentali e per far comprendere quanto sia complesso e delicato il percorso di chi ne soffre.
Tutto ha avuto inizio nel 2002, quando a Veronica Pivetti è stata diagnosticata una tiroidite, una patologia infiammatoria che ha compromesso il corretto funzionamento della tiroide. Questo disturbo endocrino ha avuto un impatto diretto sul suo equilibrio psicofisico, scatenando quella che lei definisce una “depressione chimica”.
La tiroide, infatti, regola numerosi processi metabolici e ormonali nel corpo, e un suo malfunzionamento può causare sintomi depressivi, stanchezza cronica, sbalzi d’umore e difficoltà cognitive.
Purtroppo, come racconta l’attrice, la sua condizione non è stata riconosciuta e curata tempestivamente e adeguatamente. I primi sintomi furono sottovalutati o fraintesi da diversi medici, e le terapie farmacologiche iniziali si rivelarono inefficaci o addirittura dannose, portandola ad abusare di farmaci sbagliati. Questa cattiva gestione medica ha aggravato il suo stato di salute mentale, trascinandola in un lungo periodo di sofferenza.
La depressione di Veronica Pivetti è durata circa sei anni, un periodo che lei stessa ha definito “infernale” e “un tunnel buio”. Nel suo libro Ho smesso di piangere, pubblicato nel 2012, l’attrice racconta con grande onestà e autoironia il suo calvario, descrivendo i sintomi, le emozioni e le difficoltà quotidiane che ha dovuto affrontare.
Un aspetto particolarmente significativo della sua testimonianza è la critica verso la gestione medica ricevuta: Veronica ha incontrato specialisti poco preparati o poco empatici, tra cui un medico che minimizzava il problema dicendole “Mi raccomando, continui a farci ridere!”, e una psicoterapeuta new age che proponeva terapie alternative poco efficaci.
Solo dopo un percorso lungo e tortuoso è riuscita a trovare uno psichiatra che la supportasse adeguatamente, anche se lei stessa ha ammesso di aver interrotto autonomamente alcune terapie per la paura di dipendere dagli psicofarmaci a vita.
Nel libro emerge anche la consapevolezza che la depressione è una malattia invisibile e profondamente personale, diversa per ogni individuo, e che per uscirne è necessario non solo un trattamento medico, ma anche il sostegno affettivo di amici, familiari e animali domestici. Veronica ha citato più volte l’importanza dell’amicizia della sua cara Gio e dei suoi cani Harpo e Nyo come pilastri fondamentali durante la malattia.
Veronica Pivetti ha sottolineato come la depressione sia un problema spesso nascosto, soprattutto nel mondo dello spettacolo, dove l’apparenza di felicità e successo è quasi obbligatoria. “Se sei un assassino ti accettano più facilmente che se sei depresso”, ha affermato, evidenziando il pregiudizio e la difficoltà di parlare apertamente di malattie mentali in ambienti dove si richiede sempre una maschera di positività.
La sua testimonianza ha avuto un valore importante per molti, mostrando che anche chi appare brillante e realizzato può nascondere un dolore profondo e che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di coraggio.
Il percorso di guarigione e la rinascita
Dopo anni difficili, dal 2008 Veronica Pivetti ha iniziato a vedere la luce alla fine del tunnel. Nel suo libro racconta come la sofferenza l’abbia portata a una maggiore conoscenza di sé e a una nuova consapevolezza della vita. Ha intrapreso anche un percorso psicanalitico con un terapeuta ottuagenario, che le ha offerto un supporto prezioso per affrontare le radici profonde della sua sofferenza.
Nonostante le difficoltà, l’attrice ha mantenuto un atteggiamento di autoironia e speranza, dichiarando che “il depresso è un immenso rompicoglioni”, ma anche che “la persona depressa ha bisogno dell’amore di chi le sta vicino, perché solo l’amore altrui ti dà la forza di non desiderare di morire”.
Un messaggio di speranza
Veronica Pivetti ha voluto con la sua esperienza lanciare un messaggio chiaro: la depressione è una malattia seria che non va sottovalutata né nascosta. Vergognarsene o nascondersi è la cosa più sbagliata che si possa fare. Attraverso la sua storia, ha contribuito a sensibilizzare il pubblico sull’importanza di riconoscere i sintomi, di cercare aiuto e di non arrendersi mai.
La sua testimonianza è anche un invito a superare i pregiudizi e a comprendere che la salute mentale è parte integrante del benessere complessivo di una persona, indipendentemente dal successo o dalla fama.
In conclusione, Veronica Pivetti ha affrontato con grande coraggio una malattia complessa e debilitante, nata da un problema fisico alla tiroide e degenerata in una lunga depressione. La sua esperienza, raccontata con sincerità e ironia, offre conforto e speranza a chi si trova ad affrontare simili difficoltà, dimostrando che con il giusto supporto e la determinazione si può uscire dal “male oscuro” e tornare a vivere pienamente.