L’equitazione è uno dei pochi sport misti in cui uomini e donne competono alla pari, sugli stessi percorsi, con gli stessi regolamenti. Nessuna distinzione di genere: solo cavallo, atleta e prestazione.
In un panorama sportivo ancora dominato da differenze tra categorie maschili e femminili, lo sport equestre rappresenta un modello concreto di uguaglianza di genere nello sport.
A differenza di calcio, atletica, nuoto e tanti altri sport, le competizioni equestri non separano uomini e donne. Nelle discipline olimpiche del salto ostacoli, del dressage e del concorso completo, le gare sono miste e le classifiche unificate.
Questa caratteristica unica ha radici storiche: dal 1952, le donne partecipano ufficialmente ai Giochi olimpici in equitazione. Da allora, la parità regolamentare tra cavalieri e amazzoni non è mai venuta meno.
La motivazione è semplice, il cavallo sportivo è un protagonista attivo e centrale. La prestazione dipende dalla relazione tra cavaliere/amazzone e animale, non solo dalla forza fisica.
Le qualità decisive sono molte, tra queste abbiamo la sensibilità, il controllo emotivo, l’affinità con il cavallo, la tecnica e la precisione. La mente gioca un ruolo fondamentale, più è lucida e più è funzionale.
Nonostante la parità formale nelle regole, l’equitazione internazionale continua a vedere una maggioranza maschile ai vertici, specialmente nel salto ostacoli e nel concorso completo.
Le cause di questa disparità di genere nello sport equestre non sono mai state ufficialmente apprese, ma sono state supposte. Dalle supposizioni che sono state fatte, si è scoperto che le cause potrebbero essere profonde e legate a fattori culturali e strutturali.
La prima causa è l’accesso diseguale alle risorse. L’equitazione è uno sport ad alto costo: cavalli, trasporti, allenamenti, veterinari, gare internazionali. Le famiglie e le realtà con maggiore disponibilità economica e logistica tendono a favorire le carriere maschili, spesso percepite come più “investibili”.
La seconda è la dominanza maschile nei ruoli chiave. La filiera del settore (scuderie, allevamenti, sponsor, allenatori) è ancora fortemente maschile. Ciò influenza le opportunità e le carriere, creando un ecosistema meno accogliente per le atlete.
La terza riguarda la maternità e la discontinuità. La maternità può interrompere la carriera sportiva.
Nell’equitazione, dove la costanza nel lavoro con il cavallo è fondamentale, ogni interruzione pesa. Il rientro ad alti livelli è complicato e spesso non supportato da misure adeguate. Inoltre, si può parlare di mancanza di visibilità mediatica. Le atlete di successo esistono, ma ricevono spesso meno attenzione mediatica rispetto ai colleghi uomini. Questo limita la presenza di modelli femminili e rende più difficile per le giovani amazzoni immaginarsi ai vertici. Infine, una delle cause più supposte, è quella della mancanza di freddezza mentale.
L’equitazione è uno sport in cui la sicurezza di sé in sella è un fatto fondamentale. Non possono esserci paure o timori. Le emozioni devono essere spente e la mente va tenuta lucida. L’equitazione insegna che la parità è possibile In un mondo sportivo ancora troppo spesso diviso, lo sport equestre dimostra che la parità di genere non è un’utopia. Serve però continuare a investire, raccontare, sostenere. Le gare miste non bastano: l’uguaglianza nelle regole deve diventare equità nelle opportunità.
L’equitazione può essere un modello, ma va protetto e potenziato. Perché uno sport veramente equo non si costruisce solo in campo, ma anche fuori.
A cura di Clarissa Zarini