"The White Lotus", creata da Mike White per HBO, si è affermata come una delle serie più intriganti degli ultimi anni, unendo satira sociale, dramma e mistero in un mix che cattura e provoca. Ambientata in lussuosi resort in location esotiche - Hawaii nella prima stagione, Sicilia nella seconda e Thailandia nella terza - la serie esplora dinamiche di classe, privilegio e comportamenti umani attraverso un cast corale di ospiti privilegiati e staff sotto pressione.
Con una formula antologica che rinnova personaggi e ambientazioni, ma conserva un filo conduttore tematico, "The White Lotus" è un viaggio che merita di essere intrapreso. Ma quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze?
Scopriamolo in un'analisi che ne evidenzia il fascino e i limiti.
Uno dei maggiori pregi di "The White Lotus" è la sua capacità di intrecciare commedia e dramma per offrire una critica affilata alla società contemporanea. La serie si concentra su temi come il privilegio bianco, le disuguaglianze di classe e le dinamiche di potere, trattati con un tono che oscilla tra il satirico e il tragico.
Nella prima stagione, ambientata in un resort hawaiano, il focus è sul privilegio bianco e sul neocolonialismo: gli ospiti, immersi in un lusso che ignora la cultura locale, incarnano stereotipi che riflettono comportamenti reali, come l’obliviousness di Tanya (Jennifer Coolidge) o l’arroganza di Shane (Jake Lacy). La narrazione non si limita a ridicolizzarli, ma ne esplora le motivazioni, rendendoli complessi e, in parte, riconoscibili.
La seconda stagione, in Sicilia, sposta l’attenzione sulle politiche sessuali, analizzando come il sesso diventi uno strumento di potere e manipolazione. Personaggi come Harper (Aubrey Plaza) ed Ethan (Will Sharpe) affrontano crisi personali che riflettono ansie universali, mentre la splendida Taormina amplifica il senso di seduzione e pericolo.
La terza stagione, in Thailandia, si concentra su spiritualità e morte, anche se con minor coesione, offrendo comunque spunti su come il lusso possa distorcere la ricerca di significato.
LISA will be submitted for Emmy consideration for her role as Mook in The White Lotus Season 3.
— out of context the white lotus (@oocwhitelotus) May 19, 2025
She will vie for awards consideration in the Best Supporting Actress in a Drama Series category. pic.twitter.com/R54DHQxCND
Un altro punto di forza è il cast stellare. Dalle performance iconiche di Jennifer Coolidge, premiata per il ruolo di Tanya, a quelle intense di Murray Bartlett (Armond) e Alexandra Daddario (Rachel) nella prima stagione, ogni attore porta profondità ai propri personaggi, compreso Patrick Schwarzenegger, figlio del grande Arnold.
La regia di Mike White, unita a una fotografia mozzafiato, crea un’atmosfera surreale: i colori vividi, le inquadrature isolate e la colonna sonora esotica sottolineano il contrasto tra il paradiso apparente e le tensioni sottostanti. La struttura narrativa, che apre ogni stagione con un mistero (un morto senza identità) e lo risolve nel finale, tiene alta la suspense, anche se il vero cuore della serie risiede nei suoi personaggi e nei loro conflitti interni.
Nonostante i suoi meriti, "The White Lotus" non è priva di difetti. Uno dei principali è la sensazione di ripetitività nella formula. Ogni stagione segue uno schema simile: un gruppo di ricchi ospiti, un resort esotico, un mistero di omicidio e una critica sociale.
Se questo approccio funziona, la terza stagione mostra segni di stanchezza. L’arco narrativo thailandese appare meno coeso, con trame che non sempre si intrecciano in modo significativo. Ad esempio, il percorso di Rick e Chelsea non sembra dialogare con quello di Laurie o Gaitok, rendendo la stagione meno organica rispetto alle precedenti.
Un altro limite è l’approccio ai personaggi locali. Sebbene la serie cerchi di denunciare il turismo elitario, i personaggi indigeni - come Kai in Hawaii o Gaitok in Thailandia - spesso mancano di profondità. Funzionano più come simboli delle ingiustizie subite che come individui complessi, rischiando di perpetuare lo stesso sguardo superficiale che la serie critica. Inoltre, la satira a volte scivola verso il cinismo, soprattutto nella terza stagione, dove il finale punitivo per i personaggi più “buoni” (come Chelsea) può sembrare gratuito, confondendo oscurità con profondità.
There’s just something about The White Lotus. The eerie soundtrack, the messy rich people, the slow-burn tension. It’s brilliant TV. And honestly? Season 2 takes the crown. ???? pic.twitter.com/3WZDMnvOw0
— Miss Lulah! ???? (@Angelulah) May 11, 2025
Infine, il focus sul mistero dell’omicidio, pur accattivante, non sempre si integra perfettamente con i temi principali. Il finale della terza stagione, con le sue lungaggini e false piste, può risultare pesante per chi è più interessato ai dialoghi taglienti e alle dinamiche umane che alla risoluzione della trama.
"The White Lotus" è una serie che seduce e sfida, capace di intrattenere mentre invita a riflettere su temi complessi. La sua forza risiede nella capacità di rendere i personaggi, pur caricaturali, profondamente umani: non sono né eroi né cattivi, ma prodotti delle loro circostanze e privilegi.
Tanya, ad esempio, è al contempo tragica e comica, una donna intrappolata dalla sua ricchezza e dalla sua solitudine. Allo stesso modo, Rachel rappresenta le contraddizioni di chi cerca di conciliare ambizione e sicurezza economica, mentre Armond incarna il peso di un sistema che sfrutta i lavoratori.
La serie eccelle anche nel creare un’esperienza visiva e sonora unica. Le ambientazioni, dai tramonti hawaiani alle scogliere siciliane, non sono solo sfondi, ma personaggi attivi che amplificano i temi della narrazione. La musica, con il suo mix di esotismo e tensione, immerge lo spettatore in un mondo che è tanto affascinante quanto inquietante.
people when the white lotus, a show about rich spoiled people who only care about themselves, features rich spoiled people who ultimately don't change and stay as selfish and self-involved as they were: pic.twitter.com/0s6Y926gHv
— Sleepy Ventu ???? ???? (@lucashedgess) April 7, 2025
Nonostante i difetti, come una certa ripetitività e un approccio a volte superficiale ai personaggi locali, "The White Lotus" rimane un’opera audace e originale. È una serie per chi ama le storie corali, i dialoghi brillanti e le riflessioni scomode su privilegio e potere.
Ogni stagione è un invito a guardare oltre la superficie, a interrogarsi su come le nostre azioni, anche involontarie, influenzino gli altri. E, come suggerisce il finale della terza stagione, non sempre c’è una risoluzione netta - ma forse è proprio questo a rendere la serie così reale.
In definitiva, "The White Lotus" è un viaggio che vale la pena fare, non solo per la sua bellezza estetica, ma per il modo in cui ci costringe a confrontarci con le nostre contraddizioni. Preparatevi a ridere, a rabbrividire e a riflettere: il check-in al White Lotus è un’esperienza che non dimenticherete.