27 May, 2025 - 16:46

Femminicidi e case rifugio: l’Italia abbandona le donne

Femminicidi e case rifugio: l’Italia abbandona le donne

Con 37 femminicidi nei primi mesi del 2025, l'Italia affronta un'emergenza strutturale: la violenza maschile sulle donne. La nuova direttiva UE, in vigore dal 27 maggio 2025, punta a standard comuni contro la violenza di genere, ma in Italia i centri antiviolenza e le case rifugio affrontano gravissime difficoltà, strangolati da sottofinanziamenti e politiche regionali frammentate.

Mentre la Liguria ha stanziato 2,5 milioni per contrastare il fenomeno, il governo continua a latitare e 710 donne nel 2024 non hanno trovato spazio in rifugi sicuri. Perché il diritto alla protezione è ancora un miraggio?

Una crescita lenta ed enormi bisogni per le case rifugio

Nel 2024 l'Italia ha registrato una media di oltre tre femminicidi al mese, confermando una tragedia quotidiana. Secondo l'Istat, in quell'anno 3210 donne hanno trovato riparo in 478 case rifugio (+5% sul 2023), ma il tasso di copertura non è sufficiente: 0,16 ogni 10mila donne (0,23 nel Nord-ovest, 0,10 nel Sud).

In Molise c'è una sola casa rifugio e si scende così a 0,06 e le ospiti restano solo 14 notti (contro le 190 di Trento). D.i.Re riporta che 710 donne non hanno trovato posto e 580 sono finite in strutture non specializzate, spesso inadeguate per privacy e per sicurezza.

La presidente di D.i.Re, Antonella Veltri, denuncia: "Le politiche regionali sono un mosaico incoerente. I Comuni non hanno obblighi di finanziare o inserire le donne in case rifugio, lasciandole in contesti violenti". Nel 2024, il 62% dei centri D.i.Re aveva case rifugio, con 1250 posti letto (+5% sul 2023), ma ancora insufficienti rispetto ai bisogni.

Il 32% delle donne si trova così costretta ad abbandonare il percorso, e il 14% (che sale al 20% in Sicilia) torna dal maltrattante, spesso per mancanza di alternative economiche. L'autonomia finanziaria, che dovrebbe esser raggiunta con il "reddito di libertà", resta un miraggio per il 52% delle vittime.

Sei femminicidi al mese, un massacro silenzioso

Nel 2024 le case rifugio hanno ospitato 3210 donne e 3000 minori, con 7,5 posti letto medi per struttura (8,8 attivati). Il 98% riceve fondi pubblici, ma il 78% sono pubblici, spesso sotto i 55mila euro. Il 90% ha indirizzi segreti, e il 91% offre reperibilità 24/7. Il personale, 4100 operatrici (27% volontarie) è altamente specializzato (il 94% è formato), ma in Molise - con 4 operatrici e zero corsi nel 2024 - la situazione è critica.

La direttiva UE e gli sforzi della Liguria, di cui si parla poco più sotto, sono segnali positivi, ma l'Italia resta indietro. I femminicidi, la precarietà delle case rifugio e centri antiviolenza, e un governo assente mostrano un Paese che abbandona le donne. Servono fondi stabili, politiche reali e un impegno uniforme per fare della protezione un diritto, non un privilegio.

Nord e Sud, l'Italia che resta indietro nella difesa delle donne

In Liguria, la giunta Bucci aveva recentemente stanziato 2,5 milioni nel 2025 per contrastare la violenza di genere, di cui 1,3 per potenziare le case rifugio, centri antiviolenza e centri per uomini violenti, 480mila euro per prevenzione e reinserimento e 720mila per nuove strutture. Le case rifugio sono 11, con un tasso di 0,14 ogni 10mila donne (1,6 ogni 10mila vittime), +160% rispetto alle 4 pre-2010.

"Le risorse sono aumentate di 800mila euro grazie al dialogo con il governo", hanno dichiarato Bucci e l'assessora Simona Ferro, sottolineando l'impegno per prevenzione e monitoraggio.

Al Sud la situazione assume tinte più fosche. Anna Agosta di Thamaia, in Sicilia, denuncia: "La Regione non finanzia, non coordina, non controlla". I fondi del Dipartimento Pari Opportunità sono ripartiti in base al numero di centri antiviolenza, essenziali per l'empowerment. Le donne, spesso trasferite lontano, convivono in strutture promiscue con regole rigide, spingendo così il 20% ad abbandonarle

I Comuni dal canto loro ritardano le rette, mettendo in crisi le organizzazioni. Thamaia riceve 22mila-32mila euro annui dallo Stato, coprendo a malapena le spese. Le operatrice, tutte a partita IVA, lasciano per lavori stabili, disperdendo formazione. "Viviamo di bandi e progetti autonomi", dice Agosta, evidenziando una precarietà che mina la lotta alla violenza.

I tre punti salienti dell'articolo

  • Emergenza femminicidi e sottofinanziamento: nel 2025 si contano già 37 femminicidi in Italia, mentre centri antiviolenza e case rifugio soffrono per fondi insufficienti e politiche regionali disomogenee, lasciando centinaia di donne senza protezione.

  • Divari territoriali e mancanza di strutture: al Nord, come in Liguria, si investe (2,5 milioni stanziati), mentre al Sud la situazione è critica: in Molise una sola casa rifugio, in Sicilia centri senza fondi e personale precario.

  • Diritto alla protezione negato: molte donne abbandonano i percorsi di uscita dalla violenza per assenza di alternative economiche e strutturali; il “reddito di libertà” non copre i bisogni, e il governo nazionale resta in gran parte assente.

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