05 Jun, 2025 - 12:32

Referendum 8-9 giugno 2025, perché non votare: le ragioni di chi si astiene

Referendum 8-9 giugno 2025, perché non votare: le ragioni di chi si astiene

L’8 e 9 giugno 2025 gli italiani sono chiamati a esprimersi su cinque referendum abrogativi che riguardano il lavoro e la cittadinanza. Se da un lato i promotori del “sì” e del “no” si confrontano sui contenuti dei quesiti, una parte significativa del dibattito pubblico è occupata dalla scelta dell’astensione, ovvero la decisione di non partecipare al voto. Questa opzione, sostenuta da ampie aree del centrodestra e da diversi leader politici, è diventata una vera e propria strategia politica, non solo una manifestazione di disinteresse. Analizziamo le principali ragioni di chi invita a non votare e il significato di questa scelta nel contesto dei referendum abrogativi.

Referendum, perché non votare?

L’astensione come scelta politica

Nel caso dei referendum abrogativi, la legge italiana prevede che il risultato sia valido solo se partecipa al voto almeno il 50% più uno degli aventi diritto, ovvero se si raggiunge il cosiddetto quorum. Se il quorum non viene raggiunto, qualunque sia il risultato, il referendum non ha effetto e le norme oggetto dei quesiti restano in vigore. Per questo motivo, non votare può diventare una scelta consapevole e strategica: chi è contrario ai quesiti può preferire l’astensione al voto “no”, proprio per aumentare le possibilità di invalidare la consultazione.

Questa posizione è stata esplicitamente sostenuta dai principali partiti del centrodestra. Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega hanno invitato i propri elettori a disertare le urne, definendo l’astensione una forma di dissenso verso un’iniziativa considerata “di parte”, promossa dalla sinistra. Il vicepremier Antonio Tajani ha dichiarato: “Non andare a votare è una scelta politica, non di disinteresse. Non c’è nessun obbligo di andare a votare”. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha aggiunto che farà “propaganda affinché la gente se ne stia a casa”.

Critica allo strumento referendario

Una delle motivazioni principali di chi sceglie l’astensione riguarda la natura stessa dei quesiti. Secondo questa corrente di pensiero, i temi affrontati dai referendum – come le regole sui licenziamenti, i contratti a termine e la cittadinanza – sono troppo tecnici e complessi per essere risolti tramite abrogazione parziale di singole norme. I detrattori ritengono che il Parlamento sia la sede più adatta per discutere e riformare questioni di tale portata, attraverso un confronto approfondito e la possibilità di modificare le leggi in modo organico. Il referendum, invece, rischierebbe di produrre soluzioni parziali e di lasciare irrisolti molti problemi strutturali.

Evitare la polarizzazione e la strumentalizzazione politica

Un altro motivo che spinge all’astensione è la volontà di non alimentare una polarizzazione politica che, secondo i sostenitori di questa scelta, non aiuta a risolvere i problemi reali del Paese. I referendum sono stati percepiti da alcuni come uno strumento di battaglia politica, più che come un’occasione di reale confronto sui contenuti. Non partecipare al voto viene visto, in questo senso, come un modo per sottrarsi a una logica di scontro tra schieramenti e per evitare che la consultazione venga strumentalizzata per fini elettorali.

Difesa dell’equilibrio normativo attuale

Molti tra coloro che si astengono ritengono che le leggi oggi in vigore rappresentino un buon compromesso tra flessibilità e tutele nel mercato del lavoro, e che la modifica tramite referendum potrebbe creare più problemi che soluzioni. Sul tema della cittadinanza, chi si astiene spesso sostiene che la normativa italiana sia già equilibrata e che ridurre il periodo di residenza necessario per richiedere la cittadinanza rischierebbe di svuotare di significato il percorso di integrazione.

Astensione come protesta contro la consultazione

Infine, l’astensione può essere anche una forma di protesta contro la stessa convocazione dei referendum. In questo caso, non andare a votare equivale a dichiarare che le priorità del Paese sono altre, o che la consultazione è stata indetta per motivi strumentali e non per rispondere a reali esigenze della società. Alcuni cittadini, inoltre, scelgono l’astensione per esprimere sfiducia nei confronti della politica in generale o per manifestare disillusione verso l’efficacia dello strumento referendario.

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