L’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani sono chiamati a votare su cinque quesiti referendari abrogativi che toccano temi centrali come lavoro e cittadinanza. I promotori del “sì” sostengono che questa consultazione sia una rara occasione per restituire centralità ai diritti dei lavoratori, correggere squilibri normativi e rendere l’Italia un Paese più giusto e inclusivo. Ecco, punto per punto, le ragioni di chi invita a votare “sì”.
Uno dei quesiti più rilevanti riguarda l’abrogazione delle norme del Jobs Act che hanno limitato il diritto al reintegro sul posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa. Oggi, chi viene licenziato ingiustamente riceve quasi sempre solo un’indennità economica, mentre il reintegro effettivo è previsto solo in rari casi. Chi vota “sì” vuole ristabilire la possibilità di tornare al proprio posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, come previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, sia pure nella versione modificata dalla riforma Fornero. Questo garantirebbe pari diritti a tutti i lavoratori, anche a quelli assunti dopo il 2015, eliminando una disparità che penalizza oltre 3,5 milioni di persone.
I sostenitori del “sì” sottolineano che le regole attuali hanno creato una “generazione Jobs Act” di lavoratori meno protetti rispetto a chi è stato assunto prima del 2015. Votare “sì” significa eliminare questa discriminazione, garantendo a tutti le stesse tutele in caso di licenziamento ingiustificato. Per la CGIL e i comitati promotori, il Jobs Act ha indebolito la posizione dei lavoratori, spostando il baricentro dei rapporti di lavoro dai diritti ai profitti, e il referendum è l’occasione per riequilibrare questa situazione.
Un altro quesito mira a contrastare l’abuso dei contratti a termine, che negli ultimi anni hanno favorito la precarietà e l’incertezza lavorativa. L’obiettivo è ripristinare l’obbligo di indicare una causale precisa per ogni contratto a termine, riducendo così la possibilità per le aziende di ricorrere a rapporti di lavoro temporanei senza una reale necessità. Secondo i promotori, questa misura aiuterebbe a promuovere l’occupazione stabile e a tutelare meglio i giovani e chi entra oggi nel mercato del lavoro.
Il referendum interviene anche sulla responsabilità delle imprese negli appalti, in particolare in caso di infortuni sul lavoro. Votare “sì” significa rafforzare la responsabilità solidale delle aziende committenti, rendendo più difficile per le imprese scaricare sui subappaltatori la responsabilità per la sicurezza e la tutela dei lavoratori. Questo, secondo i favorevoli, contribuirebbe a ridurre gli incidenti e a garantire condizioni di lavoro più dignitose e sicure.
Il quinto quesito propone di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza richiesto agli stranieri extracomunitari per poter chiedere la cittadinanza italiana. I promotori del “sì” sostengono che questa modifica favorirebbe l’integrazione e riconoscerebbe il contributo di chi vive, lavora e partecipa alla vita sociale ed economica del Paese. In un’Italia sempre più multiculturale, accorciare i tempi per la cittadinanza significa riconoscere diritti e dignità a centinaia di migliaia di persone, rafforzando il senso di appartenenza e coesione sociale.
Un’altra ragione avanzata dai sostenitori del “sì” è che il referendum rappresenta un’occasione per restituire centralità al Parlamento e alla volontà popolare su temi che negli ultimi anni sono stati affrontati solo in modo parziale o con interventi d’urgenza. Il ricorso al referendum abrogativo è visto come uno strumento di democrazia diretta che permette ai cittadini di correggere scelte legislative ritenute sbagliate o insufficienti.
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