A poche ore dalla chiusura dei seggi (prevista per le 15,00 di lunedì 9 giugno) per i referendum abrogativi più ‘politicizzati’ degli ultimi vent’anni, si cominciano a tirare le somme. In attesa della diffusione dei primi exit poll e dell’avvio dello spoglio delle schede, è il momento di fare due conti e capire quanto sono costati i Referendum 2025 ai contribuenti italiani.
Il costo dei Referendum 2025 su lavoro e cittadinanza è scritto nei documenti ufficiali varati dal Consiglio dei Ministri ed è – è bene specificarlo fin da subito – molto distante dalla cifra choc di 400 milioni di euro, indicata nei giorni scorsi dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Ma allora quanto è costata realmente la due giorni referendaria dell’8 e 9 giugno ai contribuenti italiani?
Quanto sono costati i Referendum 2025? Per evitare di indicare numeri a caso, è necessario affidarsi ai documenti ufficiali, ovvero, il Dl 27/2025 (anche noto come decreto elezioni), approvato dal governo Meloni e poi convertito in legge e modificato dalla legge 72/2025.
Nel testo vengono individuati e indicati i costi delle elezioni per l’anno 2025. Per quanto concerne i Referendum abrogativi sul lavoro e la cittadinanza – che ricordiamo si svolgono in concomitanza con i ballottaggi delle amministrative – il decreto indica un costo di 1.030 euro a sezione, su un totale di 61.591 sezioni e di 185 euro per ciascuno dei 1492 seggi speciali allestiti, ad esempio, negli ospedali.
Ci sono, poi, gli elettori all’estero (5,3 milioni) per i quali il decreto del Consiglio dei Ministri ha ipotizzato un costo medio di 4,50 euro ciascuno per la posta prioritaria.
Calcolatrice alla mano, quindi, i referendum 2025 hanno avuto un costo di circa 88 milioni di euro (87.564.750). A questa cifra naturalmente bisognerebbe aggiungere i costi legati all’impiego delle forze dell’ordine e del personale pubblico ai seggi che, però, sono stati utilizzati anche per i ballottaggi per il secondo turno delle elezioni amministrative.
In conclusione, il costo reale dei Referendum 2025 si attesta attorno agli 88 milioni di euro, ben lontano dai 400 milioni dichiarati da alcune fonti politiche. Questa cifra è basata su dati ufficiali e comprende spese per sezioni elettorali, seggi speciali e voto all’estero. Sebbene il dato resti significativo, va inquadrato nel contesto più ampio del funzionamento della democrazia.
Dal fronte del ‘non voto’, tuttavia, si sostiene che quel denaro si sarebbe potuto utilizzare per altri scopi.
La democrazia ha un costo, anche materiale. Le elezioni sono l’esercizio più alto della democrazia e il dovere di uno Stato è farsi carico dei loro costi.
Ai referendum abrogativi il ‘non voto’ rientra nell’esercizio della democrazia e chi in questi giorni – su invito della maggioranza di centrodestra – ha scelto di astenersi, per non contribuire al raggiungimento del quorum, ha usufruito di un diritto-privilegio che la Costituzione italiana garantisce e difende. I referendum abrogativi 2025 hanno avuto un costo, ma guardando la cosa da un’altra prospettiva, si potrebbe dire che lo stesso costo sia stato sostenuto anche dall'astensionismo.