09 Jun, 2025 - 16:55

Referendum 2025, affluenza al 30% e quorum fallito: Landini o Schlein? Ecco chi perde davvero

Referendum 2025, affluenza al 30% e quorum fallito: Landini o Schlein? Ecco chi perde davvero

I referendum abrogativi del 2025 si sono conclusi con una sconfitta netta per il centrosinistra: il quorum non è stato raggiunto e l’affluenza alle urne ha toccato livelli tra i più bassi della storia repubblicana.

Solo il 30,5% degli aventi diritto si è recato alle urne, un dato ben lontano dalla soglia del 50% più uno necessaria per rendere validi i quesiti.

La consultazione, sostenuta con forza dalla Cgil e appoggiata politicamente dal centrosinistra, si è rivelata un boomerang per i suoi stessi promotori. Elly Schlein e Maurizio Landini hanno perso la scommessa di portare gli italiani alle urne per dare la prima decisiva spallata al centrodestra di Giorgia Meloni. L'entusiasmo della vigilia si è rapidamente dissolto, schiantato contro il muro dell'astensionismo.

A urne chiuse, si apre ora una fase delicata di riflessione e resa dei conti nel campo del centrosinistra. I principali sconfitti sono due: Maurizio Landini, segretario della Cgil, promotore dei quattro quesiti referendari sul lavoro, e Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, che ha deciso di sostenere  l’iniziativa, nonostante la posizione contraria di una parte del suo partito.

Chi tra i due è da considerarsi il vero sconfitto dei Referendum 2025?

Referendum 2025, affluenza al 30%: Landini e la Cgil sotto accusa

Per Landini, la sconfitta è stata particolarmente pesante. La Cgil ha guidato la campagna quattro referendum per l’abrogazione di norme sul Jobs Act, sugli indennizzi, sulle tutele dei contratti a termine e sulla sicurezza sul lavoro. Il mancato raggiungimento del quorum rappresenta un duro colpo per la sua leadership e mette in evidenza un distacco profondo tra il sindacato e i lavoratori.

Le analisi dei dati elettorali, tuttavia, presentano sempre tante facce, e dietro i numeri si nascondono diverse interpretazioni. I numeri di oggi sono negativi, ma lasciano comunque margini di ripartenza nonostante la debacle.
Resta, però, una verità evidente: Landini ha perso la sfida del consenso. E con essa, forse, anche la leadership del sindacato?

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“Sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata, in un Paese come l’Italia dove c’è una crisi democratica evidente”.

Ha detto Maurizio Landini, durante la conferenza stampa presso il Centro congresso Frentani, sede del comitato promotore subito dopo la chiusura delle urne.

Il leader sindacale ha poi fatto riferimento all'unico dato positivo della giornata il numero di votanti e ha aggiunto:

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“Questa è stata un’esperienza importante. Tutto questo lavoro che abbiamo realizzato in questi mesi credo che sia particolarmente significativo, perché ripartiamo da 14 milioni. Le persone che ci hanno sostenuto sono una base sulla quale agire”. 

Schlein e il referendum mancato: una mezza sconfitta che apre la crisi nel Pd?

E Elly Schlein? Negli ultimi giorni, la leader del Partito Democratico si è mostrata abile nel garantirsi un salvagente a cui aggrapparsi in caso di sconfitta. Una via d’uscita da un’operazione politicamente rischiosa: raggiungere 12 milioni di voti, pari a quelli ottenuti dal centrodestra alle politiche del 2022, e superare la soglia del 30% di affluenza. I votanti sono stati più di 14 milioni, e almeno questo obiettivo potrà dire di averlo centrato.

In realtà, il raggiungimento del quorum non è mai stato considerato davvero alla portata, e il centrosinistra, trascinato proprio da Schlein, ha puntato la campagna elettorale sulla trasformazione del voto in un referendum contro il governo. 

Il risultato può quindi essere letto come una mezza vittoria o una mezza sconfitta, a seconda dei punti di vista. All’interno del PD, la posizione di Schlein sarà probabilmente messa in discussione da una parte della corrente contraria alla sua linea referendaria. L’ipotesi di un confronto interno circolava già da tempo, ma la segretaria sperava di arrivarci in una posizione di maggiore forza. La sconfitta ai referendum è anche una sua sconfitta e dovrà inevitabilmente darne conto nelle stanze più riservate del partito.

Il centrodestra attacca Schlein e Landini: "Sconfitta devastante"

Nel centrodestra è unanime la lettura del risultato dei referendum: una sconfitta netta per chi li ha voluti politicizzare. Landini e Schlein vengono indicati da tutto il centrodestra come i principali sconfitti del voto referendario.

Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, ha dichiarato a La7 che "è evidente che è una sconfitta per chi li ha proposti e li ha voluti politicizzare" e ha poi aggiunto: "Landini e Schlein ne escono sconfitti, il dato è clamoroso".

Sulla stessa linea Antonio Tajani, che definisce la sconfitta della Cgil "cocente" e sottolinea come il centrodestra abbia vinto:

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Si è voluto politicizzare il referendum e trasformarlo in uno scontro tra maggioranza e opposizione. Alla fine ancora una volta ha vinto la maggioranza di centrodestra.

La vicesegretaria della Lega Silvia Sardone ha parlato di "devastante sconfitta per Schlein, Landini, Conte e compagni" e ha sottolineato che "gli italiani hanno evitato, giustamente, di ascoltarli". Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato, ha definito il risultato un fallimento per "Schlein, Conte e Landini" e ha assicurato che

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la Lega continuerà a lavorare per far crescere l’occupazione, migliorare i salari, proteggere le nostre città. 

In conclusione, i Referendum 2025 rischiano di trasformarsi in un clamoroso autogol per il centrosinistra.

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