Se è vero che le colpe dei genitori non devono ricadere sui figli, allora varrà anche il principio secondo il quale le colpe dei figli non devono ricadere su quelle dei genitori. Tanto più se uno di loro è riconosciuto dalla giustizia, almeno in primo grado, come loro vittima.
È ciò che è accaduto a casa Bossi, dove Riccardo, il primo figlio del Senatur Umberto, è stato condannato a un anno e quattro mesi per il reato di maltrattamenti in famiglia.
E' questo il primo esito di un procedimento attivato con una denuncia proprio della mamma, vale a dire la prima moglie del fondatore della Lega, Gigliola Guidali, che convolò a nozze con Umberto Bossi, oggi 83enne, nel 1975.
Riccardo nacque dalla loro unione quattro anni più tardi. Ma nel 1982 i suoi genitori si separarono. Secondo i bene informati, perché lei avrebbe scoperto che lui non era un medico come millantava.
L'infanzia di Riccardo Bossi, quindi, non è stata certo delle più tranquille. Fatto sta che una settimana fa il giudice monocratico di Varese Rossana Basile gli ha inflitto un anno e quattro mesi di reclusione (oltre che l'obbligo del pagamento delle spese processuali) per il reato di maltrattamenti in famiglia che sarebbero scaturiti nell'ambito di una convivenza forzata con la mamma avvenuta nel 2016.
Riccardo, all'epoca, era tornato a vivere nell'appartamento della madre, a Gallarate, in provincia di Varese, perché non aveva la possibilità di scegliere un'altra sistemazione alternativa.
Tra i due, in ogni caso, furono subito scintille, tipiche di un rapporto molto teso. Tant'è che la donna, in un primo momento, aveva denunciato il figlio, oltre che per maltrattamenti in famiglia, anche per lesioni.
Tuttavia, a un certo punto, la donna ha deciso di ritirare la querela per lesioni, probabilmente per non peggiorare oltremodo la situazione del figlio. Ma il processo, in ogni caso, è proseguito per l’accusa di maltrattamenti in famiglia.
Il motivo è da ricercare in un fatto meramente procedimentale. Una volta attivata la denuncia per questo reato, non si può più tornare indietro: si deve arrivare per forza di cose a un giudizio.
E il giudizio (di primo grado) è arrivato mercoledì scorso, 11 giugno 2025.
L'avvocato difensore di Riccardo Bossi, Federico Magnante, in ogni caso, ha preannunciato ricorso in appello.
E comunque: non è la prima volta che Riccardo Bossi è coinvolto in vicende giudiziarie.
A gennaio scorso, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi (sentenza pronunciata dal tribunale di Busto Arsizio) per aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza al fine di pagare una casa da cui era già stato sfrattato.
La sua, quindi, è senz'altro una vita turbolenta. Come del resto lo è stata in passato per il suo fratellastro, Renzo.
Nel 2008, suo padre, a chi gli chiedeva se era il suo delfino, lo definì "trota". Due anni più tardi venne eletto consigliere regionale in Lombardia. La sua carriera politica, però, durò giusto un paio d'anni: nel 2012, fu coinvolto nell'inchiesta giudiziaria sull'appropriazione indebita dei rimborsi elettorali alla Lega e si dimise da consigliere regionale. Ma fu solo uno degli scandali che lo coinvolsero: un altro fu quello della laurea conseguita in Albania.