Il grande ritorno de "Il Maestro e Margherita" al cinema sta già facendo parlare di sé, e non solo per l’ambizione del progetto. In sala dal 19 giugno, l’atteso adattamento cinematografico - diretto da Michael Lockshin e basato sul celebre romanzo di Michail Bulgakov - mescola satira, politica, fantasia e una storia d’amore epica nella Mosca degli anni ’30.
Con un cast internazionale che include August Diehl nel ruolo del Maestro, Evgeniy Tsyganov nei panni del diabolico Voland, Yulia Snigir come Margherita e Claes Bang nei panni di Ponzio Pilato, il film si è imposto come un vero caso culturale e politico. Ma se il pubblico lo ha accolto con entusiasmo, la Russia ufficiale non l’ha presa affatto bene. Il motivo? Una storia troppo vera per essere solo finzione.
Questo il trailer della pellicola:
Pur essendo un’opera di fantasia, ambientata nella Mosca degli anni '30 e popolata da figure diaboliche, demoniache e surreali, "Il Maestro e Margherita" ha il peso della verità. Ma quale? Verità storica, sociale o politica? Il romanzo non è una cronaca, ma una feroce allegoria della repressione staliniana, della censura artistica e della lotta dell’individuo contro l’oppressione.
È per questo che in molti, ancora oggi, si chiedono se il romanzo dello scrittore di Kiev e il film di Lockshin siano ispirati a fatti reali. In un certo senso lo è: Bulgakov visse realmente quell’epoca e ne fu una delle vittime. La sua stessa vita - fatta di persecuzioni, censure, ritiro delle opere - è riflessa nella figura del Maestro, lo scrittore emarginato dal regime. E tuttavia, sia la pellicola che il libro non possono considerarsi una "storia vera" a tutti gli effetti.
Il film di Lockshin resta fedele allo spirito dell’opera, ma introduce una narrazione più lineare per renderla accessibile anche a chi non ha mai letto il libro. Ambientata nella Mosca staliniana, la storia segue un giovane scrittore - che si fa conoscere dal pubblico solo come "Maestro" - perseguitato dopo aver osato scrivere una pièce teatrale che umanizza Cristo.
Il regime non gradisce, e lo emargina. A salvarlo dall'isolamento, o forse a perderlo del tutto, è l'ossessione riversata in un nuovo romanzo, costellato di assurdi personaggi, come il misterioso ed enigmatico turista tedesco - che altri non è che il diavolo Woland, in visita in città con un seguito a dir poco surreale.
E mentre la sua condizione sociale si aggrava e la sua salute mentale comincia a sfaldarsi come sabbia fra le dita, ecco arrivare in scena Margherita, sua amante e unica ancora di salvezza in una realtà fatta di sconforto, manie e tormento. Peccato che anche l'affascinante donna sia fragile quanto lo scrittore, segnata dalla depressione e da un tentato suicidio.
In una spirale di eventi sempre più tragica e mortale, il romanzo (e il film) culmina in un finale aperto, il cui punto massimo è la libertà, ma a quale prezzo? Tra satira feroce e immaginazione sfrenata, il film alterna piani temporali e livelli di realtà, facendo coesistere la narrazione storica, il soprannaturale e la metafora politica.
Lockshin ha lavorato al film tra il 2020 e il 2021, quando era ancora possibile, in Russia, girare film "scomodi" senza troppe conseguenze. Ma con lo scoppio della guerra in Ucraina e l’irrigidimento del regime, la pellicola è diventata improvvisamente un problema. Definita "spazzatura antipatriottica" dai propagandisti russi, la pellicola ha rischiato il bando. Lockshin ha lasciato il Paese ed è stato persino cancellato dai titoli di testa.
Ironia della sorte, proprio come il romanzo, anche il film è diventato un caso di censura e dissenso. Il regista, americano ma di origine russa, è stato dichiarato "persona non grata" in patria dopo aver espresso pubblicamente il suo dissenso verso l’invasione dell’Ucraina e la pellicola, inizialmente celebrata come una grande produzione russa, è diventata un qualcosa da cancellare.
Ma stavolta, a differenza del romanzo del Maestro, il film è riuscito a farsi strada con incassi da record: oltre 28 milioni di dollari al botteghino russo.
Non è tanto la presenza del Diavolo a infastidire quanto quella, fin troppo evidente, della libertà. Il motivo è chiaro: "Il Maestro e Margherita" è un atto d’accusa contro ogni forma di totalitarismo. È un’opera che grida, con sarcasmo e poesia, il diritto alla libertà di espressione e mostra come l’arte possa essere un atto politico, e come la verità possa trovare voce anche nei modi più impensati: una commedia nera, un dramma romantico, un’odissea sovrannaturale.
Non a caso, il romanzo originale fu censurato per decenni in URSS e circolò clandestinamente fino alla sua pubblicazione postuma nel 1973. Il film di Lockshin, aggiornando il messaggio al presente, è finito per diventare un atto politico che denuncia non solo lo stalinismo di ieri, ma l’autoritarismo di oggi. Il regista è convinto che sì, l’arte può e deve prendere posizione:
Il suo film ne è una dimostrazione: girato con fondi pubblici in una Russia ancora relativamente aperta, è diventato, dopo l’invasione dell’Ucraina, il simbolo di un’epoca che si sta chiudendo, l’ultima grande produzione libera prima che la scure della censura calasse in modo definitivo.
Lockshin ha dichiarato fin da subito che il suo obiettivo non era realizzare un adattamento letterale, ma rendere l’opera comprensibile al grande pubblico. Ha creato un intreccio più chiaro, dando un ruolo centrale al Maestro come protagonista, unendo i livelli narrativi del libro in una struttura più emotiva e coesa. Nonostante le modifiche, il cuore dell’opera - la denuncia della censura e il potere salvifico dell’arte e dell’amore - è rimasto intatto, se non addirittura potenziato.
Oggi più che mai, "Il Maestro e Margherita" risuona come un grido di resistenza. In un momento storico in cui la libertà artistica è sotto attacco in diversi paesi, il film diventa un manifesto universale per gli artisti, per chi crede ancora nel potere delle parole e delle immagini per smascherare le menzogne del potere. La Russia di oggi, proprio come quella di ieri, sembra temere l’arte più della politica.
Curiosamente, mentre in patria si cercava di censurare il film, il pubblico russo ha risposto con entusiasmo: le vendite del libro sono aumentate di 12 volte e il film è diventato un caso editoriale oltre che cinematografico.