Cosa succederebbe se l’Italia fosse costretta a entrare in guerra? Tra le possibili conseguenze potrebbero esserci il ripristino della leva militare e il richiamo alle armi per i riservisti.
Dopo la sospensione nel 2005 del servizio di leva obbligatorio, le forze armate italiane sono diventate dei corpi composti da professionisti, ovvero, uomini e donne che scelgono di arruolarsi nei corpi militari dello Stato per intraprendere la carriera militare.
La leva militare non è stata però abolita. La legge 226/2004, nota come Legge Martino, prevede che possa essere introdotta in caso di emergenza nazionale – come il coinvolgimento militare in un conflitto – con un decreto del Presidente della Repubblica.
In caso di entrata in guerra dell’Italia, quindi, il governo potrebbe decidere di procedere – in caso di necessità - all’arruolamento dei giovani idonei al servizio militare e richiamare i cosiddetti ‘riservisti’ per affiancare i militari italiani impegnati su eventuali fronti di battaglia.
Il governo Meloni sta lavorando a una nuova legge sui riservisti tra i 18 e i 40 anni.
Negli ultimi mesi, complice l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente e in Ucraina, è tornato al centro del dibattito il tema della chiamata alle armi. L’attacco americano contro le basi nucleari del regime di Teheran ha riacceso i riflettori sulla necessità di rinforzare le capacità difensive nazionali.
Secondo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, al momento mancherebbero all’appello 40mila soldati, mentre il governo sta valutando la possibilità di arruolare 10mila volontari, da richiamare in caso di emergenza. L’obiettivo dell'esecutivo Meloni è quello di istituire una riserva militare ausiliaria, composta da ex militari volontari, pronti a essere richiamati in servizio in caso di entrata in guerra, o, di emergenza per la sicurezza nazionale.
L’8 luglio inizierà in Commissione alla Camera la discussione su due proposte di legge analoghe, presentate da maggioranza e opposizione. L’obiettivo è quello di arrivare a una proposta unica condivisa, che preveda l’istituzione di un corpo di ex militari di circa 10 mila unità con un’età massima di 40 anni, che abbiano prestato servizio nelle forze armate come VFI o VFT e che siano in possesso dell’idoneità fisica.
In caso di entrata in guerra dell’Italia, chi rischia l’arruolamento? In caso di coinvolgimento militare diretto dell’Italia, i primi a essere interessati sarebbero i militari di carriera di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. In caso di necessità, si passerebbe agli ex militari congedatisi da meno di 5 anni, e in ultimo i civili con un’età compresa tra i 18 e i 45 anni.
Se dovesse essere approvata la legge sui riservisti, bisognerà capire in che ordine di priorità saranno inseriti.
C’è, infine, la possibilità di ripristinare la leva obbligatoria. La legge Martino, infatti, prevede la possibilità di ripristinare la chiamata alle armi dei giovani dai 18 ai 26 anni in caso di emergenza per la sicurezza. Spetterà al Capo dello Stato, quindi, e non a Giorgia Meloni la decisione di ripristinare la leva militare.
In caso di guerra non è possibile rifiutare la chiamata alle armi. L’articolo 52 della Costituzione italiana stabilisce che la difesa della Patria è un dovere sacro del cittadino e sottolinea l’importanza della partecipazione alla difesa nazionale in caso di necessità.
Se una parte del PD, quella che sostiene la Pdl Graziano, è aperta alla discussione sulla costituzione di un corpo di riservisti volontari, il resto del centrosinistra, invece, resta fortemente contrario.
Il deputato del PD, tuttavia, parlando della proposta di legge che porta la sua firma ha chiarito che non “ha alcun assetto militare, né prevede funzioni operative in ambito bellico”, a differenza di quella del centrodestra. Fortemente critico è il Movimento 5 Stelle, che contesta duramente la proposta di legge presentata dal governo Meloni. Contrario anche AVS, che mantiene la sua posizione pacifista.
Commentate voi. pic.twitter.com/K5lH0AFFqr
— MoVimento 5 Stelle (@Mov5Stelle) June 23, 2025
Schierato compattamente a favore, invece, il centrodestra di governo.